25 Settembre 2019

A.A.A. marito (o moglie) cercasi

Quante volte facciamo dipendere la nostra felicità da ciò che abbiamo o non abbiamo? Fidanzate e fidanzati compresi. E invece il segreto sta nel vivere felici con ciò che la vita ci riserva.
illustrazione, felicità cercasi

© Giuliano Dinon / Archivio MSA

«Cari Edoardo e Chiara, sono una ragazza di 32 anni e sono single. Non ho mai avuto un ragazzo e questo mi fa soffrire molto. I famigliari e le persone più care sono a conoscenza della mia sofferenza e non fanno domande. In altri ambiti della mia vita non ne parlo quasi mai e se capitano allusioni a un fidanzato non faccio commenti. Me ne vergogno perché non do a me stessa la possibilità di abbattere un muro e perché lo considero un argomento tabù. Sono arrivata a pensare che stare sola possa condizionarmi negativamente, facendomi restare “immatura”. Nel frattempo prego, confido nel Signore e cerco di migliorarmi come persona. Ma fa male lo stesso. Potete darmi un consiglio?​».Maria

Carissima Maria, comprendiamo molto bene la tua faticosa ricerca di «compiere» la tua vita nell’amore di coppia. E ti mandiamo un forte abbraccio. Possiamo comprenderti perché quando noi due ci siamo conosciuti avevamo circa la tua età e fino ad allora avevamo sperimentato la frustrazione di non riu­scire a realizzare quello stesso sogno amoroso che tu porti nel cuore.

Detto questo, però, vogliamo augurare anche a te quello che auspichiamo per le altre persone che incontriamo e che vivono la tua stessa difficoltà: che tu non possa cominciare nessuna relazione affettiva prima di aver capito che cosa sei chiamata a fare della tua dolorosa solitudine. Lo sappiamo benissimo che probabilmente questo augurio non ti piacerà, ma ti assicuriamo che è il migliore che ti si possa fare.

Nella vita, quello che ti renderà felice non sarà trovare un fidanzato o un marito, fare dei figli, avere tanti amici o realizzarti in qualche ambito particolare, ma sarà il trovare una «finalità creativa indipendente dalle condizioni esterne».

Ci spieghiamo meglio con un esempio. Mettiamo che un giorno tu avvertissi il desiderio di comprarti l’ultimo modello di una famosissima (e costosissima) marca di cellulari, ma non potessi acquistarlo perché ti mancano tutti quei soldi da spendere. La via di uscita da questo dilemma non sarebbe fare di tutto per comprartelo o rattristarti perché non ci riesci, ma fermarti e chiederti perché lo vuoi così tanto, dove e quando è nata in te la convinzione che la tua vita senza quel cellulare sarebbe una vita «di serie B». A quel punto potresti decidere come gestire la tua «bramosia» e scoprire che per divenire pienamente te stessa ed essere quindi davvero felice (e poter veramente amare) tu devi lottare contro quel tuo desiderio impellente di cellulare costoso, perché solo libera da esso potresti gioire di ciò che già hai invece di pensare ossessivamente a ciò che non hai. A quel punto, se anche ti regalassero il famoso telefonino, saresti davvero libera di scegliere se tenerlo o donarlo a tua volta a qualcun altro.

Veniamo ora a te. Facciamo finta che il cellulare sia il tuo agognato fidanzato e che la bramosia di possesso sia dovuta alla paura di rimanere sola: bene, a questo punto si potrebbe ipotizzare che la vita (o, tramite essa, il Signore) ti stia chiamando ad abbracciare la solitudine e a fartela amica. Quindi, non solo a non temerla, ma addirittura a imparare a vivere felice nella condizione di vita in cui ora ti trovi. Vale a dire che il Signore ti chiama a rendere fantastica la vita che hai già e ad amarti e accettarti così come sei, con quello che stai vivendo qui e ora.

La questione, quindi, non è se sia meglio essere single o in coppia, se avere figli o non averne, se abitare al Nord o al Sud e così via, bensì come stai provando ad abitare in pienezza la vita che adesso sei chiamata a vivere.

Quante volte sentiamo persone nubili o celibi lamentarsi perché vorrebbero essere in coppia o, al contrario, persone che sono in coppia lamentarsi perché vorrebbero ritornare singole? È normale, perché noi esseri umani siamo costitutivamente ambivalenti e oscilliamo tra opposte posizioni, tendendo a fissarci su ciò che non abbiamo, come se la pienezza della nostra esistenza dipendesse solo da ciò che vorremmo. A ben pensare, questa è la stessa dinamica dell’idolo: ti lusinga con promesse di grandi felicità ma poi non mantiene mai quello che ti aveva fatto intravedere. Noi, però, pur di ottenere le meraviglie che l’idolo ci prospetta siamo disposti a sacrificare tutto: smettiamo di essere trasparenti e onesti con le persone che ci sono vicine (colleghi, amici, ecc.) e finalizziamo ogni nostro pensiero o azione alla possibilità di ottenere un tornaconto personale, di avere ciò che vogliamo o di difenderci dal fatto di non averlo.

Cara Maria, speriamo di non essere stati troppo duri con te, perché comprendiamo davvero che quanto stai vivendo non è facile. Sicuramente il tuo desiderio di una relazione affettiva è onesto e buono, ma sappiamo per esperienza quanto subdolo e deprivante possa essere un bisogno dall’aspetto socialmente desiderabile. Anch’io (Edoardo) tempo fa ho dovuto riconoscere che il mio desiderio di coppia mi stava impedendo di vivere una vita piena (e anche di avere relazioni sane) e solo liberandomene, e consegnando la mia vita affettiva a Gesù Cristo, ho potuto riconoscere che il vero padrone della mia affettività era Lui e che se questa non si fosse mai realizzata in un matrimonio, per me sarebbe andato bene così, perché quella era la sua volontà. Solo in questo modo ebbi la grazia di un cuore libero, libero anche di incontrare Chiara e di non sentirla come necessaria per la mia esistenza, ma un dono prezioso da proteggere e custodire.

Edoardo e Chiara Vian

 

Volete scrivere a Edoardo e Chiara? Potete spedire le vostre mail a:redazione@santantonio.org segnalando nell'oggetto la rubrica Cari Edoardo e Chiara

oppure le vostre lettere a:Edoardo e Chiara, Messaggero di sant’Antonio, via Orto Botanico 11, 35123 Padova.

 

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Data di aggiornamento: 25 Settembre 2019
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