Incompatibili con allegria
«Cari Edoardo e Chiara, dopo tanti anni e tanta sofferenza sono giunta a una dolorosa conclusione: io e Andrea (mio marito) siamo davvero troppo diversi, non ci intendiamo proprio. Qualche esempio? Io ho sempre voglia di parlare, lui sta sempre zitto: io amo uscire e incontrare persone, lui starebbe sempre a casa; io ho un’emotività fervida e lui non sembra provare emozioni se non la disperazione; io affronto le difficoltà con fiducia, mentre lui si fa prendere dall’ansia di non farcela. E potrei continuare a lungo così… Quando provo a dire questa cosa ad Andrea, lui si rinchiude nel suo mutismo, come se gli dicessi che dovrà essere internato in un lager. Ma io non so davvero più che cosa fare. Siamo incompatibili e credo che l’unica soluzione per cercare di stare bene sia la separazione».
Elisabetta
La questione che ci pone, cara Elisabetta, non è banale, perché l’incompatibilità è spesso portata come argomentazione centrale per chiudere una relazione coniugale. Quello che spesso succede in situazioni simili alla vostra, infatti, è che, in principio, chi ha il carattere più forte e spumeggiante, dopo aver constatato i limiti presenti nel partner molto più passivo e remissivo, si adatta a questa differenza, cominciando a pensare che possa andare bene anche vivere così, oppure sperando che negli anni le cose migliorino e che l’altro cambi.
Con il passare del tempo, però, la situazione emotiva del partner più vitale non fa altro che peggiorare: si sente sempre più insoddisfatto, più arido e, prima o poi, capita qualcosa che fa crollare tutta l’impalcatura dando avvio alla crisi di coppia. A questo punto, l’unica possibilità sembra la rottura, il dividersi, tutto sembra inutile.
Ma le idee di fondo che guidano qualsiasi tentativo, che probabilmente guidano anche lei Elisabetta, quali sono? «Ho sbagliato scelta»; «esistono persone che mi fanno stare bene e altre invece che mi affossano la vita». Il mito di fondo, quindi, è quello dell’anima gemella. Là fuori, da qualche parte, «esiste una persona con la quale potrò finalmente godermi la vita, ho semplicemente selezionato male e mi sono sposata qualcuno che non mi era neppure parente… figurarsi gemello!».
In realtà, dopo aver incontrato diverse centinaia di coppie, ci siamo fatti l’idea che tutte le relazioni affettive sono composte da persone tra loro incompatibili. La differenza non è tra coppie compatibili e coppie incompatibili, ma tra coppie gioiosamente incompatibili e coppie tristemente incompatibili.
Provi a pensarci bene Elisabetta. Quando lei e Andrea vi siete innamorati, vi hanno colpito di più le qualità dell’altro che voi non avevate o quelle simili? Probabilmente le prime. Perché tutti noi siamo attratti e ci innamoriamo delle differenze più che delle somiglianze. È come con le figurine (ci perdoni il paragone, ma rende bene…): se lei avesse un album, cercherebbe le figurine che le mancano o quelle che ha già? Tutti noi ci siamo innamorati di qualcuno che è altro da noi e, prima o poi, dobbiamo fare i conti con questa alterità.La questione quindi è: saremo insieme capaci di trattare le differenze?
Le coppie che vivono bene insieme, infatti, non sono uguali (che noia!), ma sono composte da persone che sono state capaci di leggere le dissomiglianze dell’altro come un appello alla propria missione a crescere nell’amore. L’altro non è una risposta al mio bisogno di appagamento, ma una domanda a me stesso, una chiamata a uscire dal mio egocentrismo infantile per divenire un essere umano adulto, capace di donare. Ciò non significa sopportare passivamente il limite dell’altro. Anzi. Amare a volte vuol dire pungolare, spronare, accompagnare l’altro a uscire dal suo guscio protettivo (il pulcino deve rompere il guscio per vivere).
A lei, Elisabetta, ci permettiamo quindi di dire che, per quanto assurdo possa sembrare, lei non ha mai amato così tanto suo marito come in questo periodo in cui sente di non amarlo più, perché gli sta donando una stupenda occasione di crescita e, finalmente, ha smesso di fargli da mamma, cominciando a essere moglie. Questo non significa che per lei non ci sia una chiamata alla pazienza, al rispetto dei tempi di crescita umani di suo marito, ma ora questa attesa è operante e non più passiva come un tempo.
Per Andrea, invece, la sfida da raccogliere è quella a uscire dal nido caldo di una donna che ti lascia crogiolare nelle paure, dal nido caldo delle accidie e delle indolenze. Oggi è il tempo di un nuovo desiderio su se stesso, per divenire un uomo capace di rischiare (e di morire a se stesso) per amore. Aspirare a divenire un tale uomo non significa immediatamente diventarlo, ma promuovere tutte le alleanze possibili con gli elementi della realtà che possano aiutare a camminare verso quel desiderio: leggere certi libri, frequentare certe persone, tagliare le cose inutili, farsi accompagnare, ecc... Soprattutto, richiede di guardare all’Uomo della croce, capace di lottare con le proprie angosce interiori e di affidarsi al Padre in un progetto d’amore e di salvezza. Questa prospettiva è consolante e responsabilizzante.
Auguriamo a tutti voi di avere relazioni gioiosamente incompatibili!
Edoardo e Chiara
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