Amare i nemici. Niente di meno
Circondati dai nemici. È una condizione che la Bibbia conosce bene e infatti è un luogo ricorrente quello dell’invocazione al Dio che salva contro ogni umana speranza. Un incubo, da tutte le parti arrivano e ci minacciano, non c’è varco. È l’orizzonte chiuso a spaventarci. Alzare gli occhi e non vedere nessuna via di scampo. Possono essere persone fisiche a rappresentarsi nostre nemiche. Il datore di lavoro che non ci vede o ci vede solo per caricarci di compiti e umiliarci. Sadismo dei rapporti gerarchici. I vicini di casa, anche loro possono circondarci da presso, eccome. Pronti a misurare l’allineamento dei rami dei nostri alberi alla loro recinzione, a protestare sul mio e sul tuo, a buttare le foglie al di là della proprietà, insieme magari ai loro sfalci d’erba e ai fiori secchi dei loro vasi, per dispetto. Dove va a cacciarsi il diritto? Oppure tutti quei profughi delle guerre, o della povertà e dei cambiamenti climatici. Da tutte le parti arrivano, e come ci assediano. Oppure, nemico può essere un cattivo spirito del tempo, una pessima aria che tira, sopraffazione, aggressività socialmente accettata, diffusa, che intossica i rapporti: «Parole di odio mi circondano» (Sal 109,3). Oppure ancora può essere una congiuntura storica oggettiva, che porta la guerra sopra i tetti delle nostre case. Siamo circondati da nemici. Non è vivere, questo.
Il Vangelo li conosce bene i nemici. Ugualmente diffusi, crudeli e multiformi anche in Palestina. C’erano i romani conquistatori, c’era la povertà, c’erano i nemici interni che rifiutavano un annuncio così diverso dall’attesa di pane e riscatto politico. Per questo il tema dei nemici abita il cuore del Vangelo, quel Discorso della montagna che ci si offre con una radicalità che spacca: «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori». Intanto va individuato il nemico, che non è quello che io odio. Il Vangelo non contempla il caso in cui l’odio parta da me. Se odio qualcuno non ho ancora incontrato il Signore. Il nemico è quello che odia me per qualche suo motivo. E qui bisogna essere davvero attenti, perché l’odio è strumento feroce che il potere usa per muovere le nostre paure.
Chi arriva in povertà dal mare, o nei camion spinto dalla fame e dalla guerra, non è nemico. Se la demagogia colpevole di una politica senza idee ce lo fa credere, noi sappiamo che non è così. E non dobbiamo cascare nella trappola. Non lo è nemmeno se si dovesse comportare male con me. Semmai può essere lo spirito del tempo, il nemico, quando manca un progetto di seria programmata accoglienza che non sbatta i migranti in strada e li esponga al rischio di diventare quello che non erano, per disperazione, debolezza e sfinimento. Che li spinga a odiarci per la nostra indifferenza.
Certo che se lo spirito del tempo o la congiuntura storica sono il nostro nemico, come si fa? Santa Teresa di Lisieux racconta la difficoltà con una consorella «che ha il talento» di dispiacerle. Tutto di lei le risultava sgradevole, e si sa che cosa questo voglia dire in un convento. Finché non si è ricordata «che la carità non doveva consistere nei sentimenti, ma nelle opere». E ha cominciato a pregare per lei e a servirla in tutti i modi.Pratica attiva di un amore che non conosce la logica amico-nemico. È il cuore del Discorso della Montagna. Dietrich Bonhoeffer lo dice in Sequela con altre parole: «Senza ipocrisia e limpidamente dobbiamo servire e aiutare il nostro nemico in tutte le cose». Come si fa? Lo si chiede, al Signore. È «lo straordinario» del cristiano. È quello che cambia il mondo. Amare. Niente di meno.
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