Misericordia oltre il divorzio
«Carissimo direttore, le scrivo per un problema che sento forte e ormai urgente (…). Parlo del problema dei divorziati risposati e del divieto di poter accedere ai sacramenti. Parlo della grande speranza che ha acceso i nostri cuori soprattutto lo scorso anno. All’inizio del 2015 aspettavo davvero con sincero fervore il mese di ottobre e pensavo con grande fiducia che finalmente a Natale io e mio marito ci saremmo potuti accostare alla comunione dopo tanti e lunghi anni di attesa (circa diciotto). Non voglio apparire come una povera vittima o imbastire chissà quale melodramma, ma ovviamente, essendo noi credenti, leggere il resoconto del Sinodo sulla famiglia è stato come sentirsi mancare la terra sotto i piedi; sarà che ci avevamo riposto davvero tanta fiducia, speranza e preghiere, che non ci sembrava vero di essere al punto di partenza. Ora siamo nel bel mezzo del Giubileo della Misericordia e tutti i peccati possono essere perdonati, dice il nostro amatissimo papa Francesco. Ma noi come dovremmo vivere tale importante evento?». Lettera firmata
Capisco appieno la sua sofferenza e condivido il suo desiderio di poter partecipare anche con i sacramenti alla vita della Chiesa, che custodisce il tesoro della nostra Salvezza. Ma sono altrettanto convinto che la misericordia sia un dono divino per tutti, senza distinzioni. Per quanto riguarda poi l’attuale disciplina cattolica, come lei ricorda, la Chiesa si riconosce nella prassi fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Ora, dopo i due Sinodi sulla famiglia, papa Francesco ha promulgato l’Esortazione apostolica Amoris laetitia, in cui apre nuovi orizzonti di speranza e misericordia per i divorziati risposati. Infatti, egli propone loro percorsi di accoglienza e integrazione nella comunità cristiana. «Si tratta – scrive papa Francesco – di integrare tutti e si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia “immeritata, incondizionata e gratuita”» (n. 297).
Si tratta di uscire, però, dalla logica per cui chi vive una situazione «detta irregolare» sia considerato tout court in peccato mortale. Anzi, il Papa dice che «a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (n. 305). E poi aggiunge che «in certi casi potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti (…) perché l’Eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid.). Il che, oltretutto, è valido non da ora e per ognuno di noi.
Per questo il Papa esorta «i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale» (n. 312). In conclusione, questo è l’invito che le rivolgo anch’io, aggiungendo quanto papa Francesco disse nel suo primo Angelus (17 marzo 2013), citando le parole di un’umile anziana donna che egli incontrò una volta: «Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe»; e il Papa aggiunse l’ammirato commento: «Quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo». C’è speranza da poter percorrere per tutti noi…