L’urlo di Tarzan è anche il mio
Quando partecipo ai compleanni dei bambini mi diverto sempre molto. Non solo perché mi piace scorgere la gioia negli occhi del festeggiato e dei suoi piccoli amici e non solo perché la torta è il più delle volte ottima, ma anche perché l’apertura dei regali può riportare alla luce vecchie emozioni in chi di compleanni ne ha festeggiati già parecchi.
Mi è capitato proprio l’altro giorno, al compleanno del figlio di un mio amico, dove tra i numerosi pacchi ricevuti, ne è comparso uno contenente il dvd de Il libro della giungla. Così, mentre anticipavo al bambino qualcosa sulla trama del famoso cartone Disney, insieme alle avventure di Mowgli, Bagheera e Baloo la mia mente è volata indietro, alla mia giungla, a quando mia nonna mi leggeva sul letto le avventure di Tarzan, Tarzan delle scimmie per la precisione, il primo dei mitici romanzi di E. R. Burroughs. Una storia che fin da piccolo mi ha sempre affascinato… Ora capisco il perché. Tarzan, con la sua vita nella giungla, è la metafora perfetta per parlare delle persone con disabilità nella società odierna. La storia è nota a tutti: Tarzan cresce nella giungla allevato da una scimmia, dopo aver perso i propri genitori. La sua vicenda è fatta non solo del famoso urlo, ma anche di gesta creative, di relazioni e, perché no, di resilienza.
Resilienza, dal latino resiliens cioè «rimbalzare», è un termine molto in voga oggi, e indica la capacità di adattarsi a una situazione di difficoltà, la capacità di far fronte, di resistere, ma anche di costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante le situazioni difficili.
Tarzan è l’esempio più costruttivo di resilienza: dato il suo contesto, il nostro eroe è costretto a «reinventarsi», a scovare e sviluppare, in maniera totalmente naturale, delle abilità ben diverse rispetto a quelle di un bambino qualsiasi per sopravvivere all’interno della nuova comunità. Per far fronte alle difficoltà della propria giungla, Tarzan affina udito, vista e olfatto, diventa molto forte fisicamente e molto astuto. La rete di relazioni e di alleati (penso, per esempio, alla sua compagna di avventure Cheeta o al suo elefante Tandor) è un altro aspetto fondamentale per la sua sopravvivenza. Ed è qui che il suo urlo diventa anche il mio. La disabilità costringe, infatti, a muoversi in maniera molto simile. Ci costringe a resistere, ci costringe a trovare strategie, ci costringe a sviluppare al massimo le nostre abilità. Ci costringe a creare intorno a noi una rete di contesti, di familiari, amici, educatori per facilitare i nostri percorsi. La giungla nella quale vive Tarzan non è molto diversa dalla nostra società. Si muove velocemente, è frenetica, a volte pericolosa, spesso suggestiva, densa di prede e predatori, di mammiferi deliziosi e di felini senza scrupoli. La nostra giungla nonostante tutto ci obbliga a restare fiduciosi, a cercare di fronteggiare prontamente le difficoltà a, per dirla con le parole del pedagogista Andrea Canevaro, «scoprire una nostra dimensione che renda possibile la nostra struttura». Così proprio come Tarzan continuerà la sua vita nella giungla spostandosi in sella al fedele e regale elefante Tandor, io continuerò a scrivere e a urlare in sella alla mia fedele carrozzina e a festeggiare i compleanni delle mie Cheeta. E voi perché non provate ad andare in soffitta e a rimettere mano ai vostri regali d’infanzia? Di sicuro ci sarà qualche libro… A quale personaggio dei romanzi vi ispirate?
Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.