La misericordia deve perdere la sua fissità di teoria per diventare gesto, atto, opera. È un fatto di compassione e di mani, in azione anche quando siamo chiamati ad accompagnare i morenti a far pace con sorella morte.
«Ciò che lentamente prendeva forma dentro di me nei lunghi mesi passati si è fatto ora certezza folgorante: il dolore colpisce, intercetta una vita facendole comunque del male, prende una traiettoria e prosegue con inerzia verso un esito sconosciuto, mai uguale, mai prevedibile. Bisogna afferrarlo un dolore e bisogna consegnarsi a lui; parlargli e ascoltarlo, bisogna agirlo e patirlo. E poi, se possibile, provare a decidere cosa farne. Sento che per me la cosa più bella e naturale è riuscire a farne dono agli altri».
Un libro intrigante sin dal titolo, quel Cerco parole buone (con sottotitolo: su vita, amore e morte) capace di catturare anche il più distratto dei lettori; forse perché di parole buone oggi si sente una grande mancanza, immersi come siamo in un clima spesso pervaso di forme di povertà relazionale che alla parola vorrebbero togliere ogni dignità.
«È significativo che Amoris laetitia esca in pieno Giubileo della misericordia. Oggi le società umane, segnate da conflitti e violenze, hanno bisogno di riconciliazione e di perdono a cominciare dal loro nucleo vitale: la famiglia».
Primavera, tempo di riflessione sull’amore e sul matrimonio. E tempo per esprimere un desiderio: che ogni uomo e ogni donna che si amano si sposino in chiesa! Perché, se è pur vero che Dio non abbandona nessuno, celebrare il sacramento del matrimonio è partire, come dire?, in maniera forte e audace.