È la montagna il rifugio dell’uomo. Tanto da farlo riflettere sul destino dell’umanità. Un mondo incontaminato, ma fino a quando? Mutamenti climatici e riscaldamento globale si inseriscono nell’interrogativo su quale sarà il nostro futuro.
In questi mesi, i nostri vescovi hanno fatto giungere le loro Lettere pastorali nelle comunità cristiane. È vero che questo strumento è «di prassi» nelle nostre diocesi, ma probabilmente – per fortuna – sta sempre più cambiando rispetto a certi documenti del passato così autoreferenziali, scritti in stretto ecclesiastichese, teologicamente più che esatti ma praticamente incomprensibili o almeno ben lontani dalla vita concreta delle persone, da durare… un bel niente (e ancor meno essere letti, forse dagli stessi parroci?).
Siamo sul pianeta Terra completamente distrutto da una misteriosa esplosione. Nella totale devastazione un uomo solo si muove tra mille pericoli e insidie. È Sam Porter Bridges, protagonista del videogioco Death Stranding (sviluppato da Kojima Productions con la collaborazione di Guerrilla Games), che si avventura tra le macerie con una doppia finalità: fare da corriere tra due centri logistici in quel che resta degli Stati Dis-Uniti d’America e riconnettere l’intero Paese dove i pochi sopravvissuti vivono nel totale isolamento.
La follia che è anche in noi è il libro delle Vele di Einaudi che il professor Eugenio Borgna ha regalato ai suoi affezionati lettori. In una sintesi, certo poco rispettosa della densità e della complessità del libro, possiamo dire che Borgna non fa un’apologia del manicomio, ma prova una certa nostalgia per quel manicomio di Novara di cui è stato direttore e in cui ha potuto esercitare per anni una psichiatria gentile e rispettosa, che metteva al centro le relazioni tra persone.
Solo la buona cura, la relazione, l’ascolto hanno il potere di guarire. E lo fanno in maniera direttamente proporzionale alla fragilità che hanno di fronte. La medicina non basta da sola.