Ai quattro venti

Antonio ha vissuto nell’attesa continua di andare dove Dio gli avrebbe indicato. E tra i luoghi in cui da Dio fu inviato, pare proprio ci siano anche Trieste, Udine, Gemona...
13 Ottobre 2021 | di

Verso sud c’era stato. Quando dal natio Portogallo si era imbarcato e quindi sbarcato sulle sabbie roventi del Marocco, per predicare il Vangelo tra gli infedeli. Verso nord, pure. Dall’Africa alla Sicilia, magari non proprio di sua spontanea volontà, quindi a piedi su su fino ad Assisi e infine nel nord Italia, dove l’obbedienza prima, il servizio di ministro provinciale dei frati poi e l’ansia pastorale infine, lo andavano conducendo, in tal caso un po’ più consapevole. Verso ovest, fatto! Per predicare in Francia. Ma un’altra volta fino nuovamente in Portogallo, a Lisbona, per scagionare il padre terreno ingiustamente accusato di un delitto, anche se solo per miracolo (anzi due: la bilocazione, cioè in realtà senza muoversi fisicamente da Padova, e la risurrezione del giovane ucciso). E quindi, forse, non vale.

Mancherebbe verso est. In questa direzione scarseggiano notizie attendibili, ma l’impegno di Antonio a visitare i frati della sua Provincia religiosa, previsto dalla Regola, e molte tradizioni locali, tutte venerabili quand’anche solo poche e antiche, ce lo garantiscono a spasso anche in queste contrade: Trieste, Parenzo (l’attuale Poreč, in Croazia), Udine, ma soprattutto Gemona. Qui sorge probabilmente il santuario più antico dedicato a sant’Antonio, costruito ancora prima che fosse completata la Basilica padovana. La tradizione si ricollega a una cappella che antichi documenti vorrebbero essere stata donata al grande Taumaturgo già nel 1229.

Davvero, perciò, Antonio predicò… ai quattro venti! Si incamminò verso tutte le «frontiere», dal far-west al far-east. Ovunque, come se la Parola di Dio premesse così tanto al suo cuore e sulle sue labbra da essere incontenibile, inarginabile. Lo diceva il Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie: «Uh, poffare poffarissimo! È tardi! È tardi!». Come fai a dire «fin qui e poi basta»?! Come puoi pensare di cavartela scusandoti che ci penserai domani?! Nella più schietta tradizione francescana, che non ha più di tanto bisogno di pulpiti di marmo né investiture solenni per sentirsi «in missione per Dio».

Se l’occasione, come si suol dire, fa l’uomo ladro, può anche fare missionario il frate. La vita, la mia e quella delle persone incontrate nelle piazze, ai bordi dei campi, agli incroci, nelle cattedrali come nelle pievi di campagna, è piena di tali occasioni, dove insegnare non tanto a che cosa credere, ma a credere: «lungo la strada», dove san Francesco esortava i suoi frati a stare, e con piacere per giunta!, e portare la loro testimonianza evangelica, e dove spesso le Fonti francescane raccontano ci stesse anche lui.

È non riuscire più di tanto a tenere nettamente distinte vita e missione: «Appena credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo fare altrimenti che vivere solo per lui», riconosceva Charles De Foucauld. Dove «vivere solo per Dio» è un altro modo per sentirsi inviati al mondo intero: Dio chiama per poi inviare. Antonio vive nell’attesa continua di farsi mandare da Dio «a quel paese», o a quell’altro, o magari anche a quell’altro ancora, uno dopo l’altro, evangelicamente costretto a vivere in un regime provvisorio.

Non che non ci siano spazi e tempi per altro, Antonio non perde il «vizio» dell’eremo, di silenzio e solitudine, e della fraternità. Come fu anche per Francesco d’Assisi e, soprattutto, per il modello di entrambi, e cioè Gesù. Che appena poteva o ne sentiva il bisogno andava a rifugiarsi e a tirare il fiato a casa degli amici Marta, Maria e Lazzaro. Ma ci sono anime costantemente inquiete, poco propense alle divagazioni, per nulla preoccupate di sé. Si va perché sì, fa parte delle regole evangeliche di ingaggio. Là fuori la strada aspetta.


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Data di aggiornamento: 14 Ottobre 2021

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