Anziani e bambini, splendida alleanza
Un detto dei nativi americani recita: «Gli anziani e i bambini stanno bene insieme e si capiscono perché i bambini sono appena arrivati da Manitù e gli anziani ci stanno per andare».
Non so se le cose stiano proprio così, come ignoro se siano fondate tutte le congetture che gli uomini hanno prodotto davanti al fatto, riscontrato in tutte le culture, che bambini e vecchi sembrano spesso capirsi più di quanto non avvenga tra loro e le altre fasce d’età, giovani, adulti e perfino con i loro stessi coetanei.
Da quando sono ufficialmente entrato nel novero degli anziani continuo a interrogarmi su questo affascinante fenomeno. Respingo il luogo comune che, invecchiando, si ridiventa bambini o, nel senso etimologico del termine, ci si rimbambisce. Con il passare degli anni, il mio corpo e la mia mente danno di certo segnali di indebolimento e possono vacillare, presentare qualche falla vistosa, anche se non credo – ma posso sbagliare – di essere colpito da forme di demenza degenerativa.
Ciò che invece è vistosamente cambiata in me è la distinzione tra quel poco che oggi ritengo importante e quel tanto che ho imparato a considerare superfluo. Come se, con il passare degli anni, mi stessi liberando di tutto ciò che non ritengo essenziale. Mi illudo, così facendo, di arrivare più leggero al termine del cammino, felice di non aver più con me inutili zavorre e di aver mantenuto nella memoria e nella vita quotidiana relazioni appaganti.
A molti posso sembrare distaccato perché ho preso distanza da parecchie delle esperienze che un tempo mi vedevano coinvolto in prima linea, ma non ho perduto la capacità di emozionarmi e anche di indignarmi se avverto che ciò che considero essenziale viene minacciato. Quindi, sono ben diverso da un bambino che, invece, è curioso a trecentosessanta gradi e affamato di legami.
E allora, qual è il terreno sul quale io, anziano, e tu, bambino o bambina, possiamo capirci al volo senza lunghi discorsi, ma soltanto stando vicini, giocando, raccontandoci storie, o semplicemente camminando in silenzio in mezzo al verde o lungo la riva del mare?
La mia risposta è che vecchi e bambini si trovano di fatto dalla stessa parte rispetto al mondo di mezzo rappresentato dalla fascia degli adulti. Come ho scritto anni fa nel mio Vecchi leoni, per un radicato pregiudizio la maturità è l’unica cosa che conta: l’infanzia e l’adolescenza sarebbero di conseguenza una mera preparazione all’età adulta e la vecchiaia un progressivo ma definitivo distacco da quel mondo di mezzo.
Il pregiudizio è smentito dai tanti esempi di alleanza tra anziani e bambini che riescono spesso a intendersi a meraviglia quando scoprono di avere bisogno gli uni degli altri, ricavando tempi e spazi tutti loro.
In queste vere e proprie oasi, malgrado le differenze di età, di vigoria fisica e di esperienze, vecchi e bambini vivono per qualche ora in modo molto diverso dal resto della giornata, ricordando, raccontando, facendosi domande a vicenda, giocando in casa o all’aperto. Il «tempo-che-fu» e il «tempo-che-sarà» si fondono in uno stupendo «tempo-che-è». Chi ha avuto la fortuna di vivere la straordinaria esperienza di questi «contatti del terzo tipo» tra mondi in apparenza così distanti, li ricorda per sempre con commozione e riconoscenza.