Assisi, l’umanità ha sete di pace
“Lo spirito di Assisi ha 30 anni, ma è ancora giovane, fragile, ha energia ma deve crescere”. Lo dice con convinzione monsignor Matteo Zuppi, neo arcivescovo di Bologna, intervenendo al grande incontro delle religioni che la Assisi di san Francesco sta ospitando, da domenica 18 fino a oggi 20 settembre.
Organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla diocesi di Assisi e dalle famiglie francescane, l’evento, titolato “Assisi 30. Sete di pace” ha il suo apice oggi, con la presenza di papa Francesco, per la terza visita del Pontefice nella città del santo di cui porta il nome.
Che cosa fanno tanti leader religiosi riuniti insieme a 30 anni da quella prima volta (era il 1986), invitati da san Giovanni Paolo II? Lo ha spiegato proprio il Papa, nell’omelia a Santa Marta, questa mattina, prima di partire in elicottero per l’Umbria: “Oggi, uomini e donne di tutte le religioni, ci recheremo ad Assisi. Non per fare uno spettacolo: semplicemente per pregare e pregare per la pace”. Una preghiera che deve essere per tutti, sottolinea il Papa, che ha invitato “i cattolici, i cristiani, i credenti e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, di qualsiasi religione, a pregare per la pace”, giacché “il mondo è in guerra! Il mondo soffre!”.
“Che il Signore ci dia pace nel cuore, ci tolga ogni voglia di avidità, di cupidigia, di lotta. No! Pace, pace! Che il nostro cuore sia un cuore di uomo o di donna di pace. E oltre le divisioni delle religioni: tutti, tutti, tutti! Perché tutti siamo figli di Dio. E Dio è Dio di pace. Non esiste un dio di guerra: quello che fa la guerra è il maligno, è il diavolo, che vuole uccidere tutti”.
Sono parole nette, che tornano anche tra i numerosi rappresentanti religiosi convenuti in Assisi. Così ad esempio Mohammad Sammak, consigliere del gran muftì del Libano, interpellato in merito al terrorismo islamico. Commentando l’assassinio di padre Jacques Hamel in Francia, lo definisce “un atto satanico. Solo chi segue satana commette omicidi di questo tipo. E non c’entra nulla con la religione”.
Molto intenso pure l’intervento di Muhammad Azad Abdul Khabir, grande imam della moschea di Lahore, Pakistan, che si chiede: “Quando tutte le scritture religiose del mondo dicono unanimemente che uccidere un individuo è come uccidere l’umanità intera, perché accade questo nella nostra epoca civilizzata e moderna?”. Il Pakistan, poi, è una delle nazioni dove la libertà religiosa è un traguardo tutto da raggiungere, e dove di “spirito di Assisi” ci sarebbe un grande bisogno. Ne è ben cosciente Muhammad Azad Abdul Khabir, che racconta: “In qualunque luogo e in qualunque momento in Pakistan lo spirito di Assisi è stato messo in discussione, ferito o sconvolto da una situazione indesiderata o da una tragedia, che fosse la tragedia di Joseph Colony, Sangala Hill, Kot Radha Kishan, l’attacco alla chiesa Yohanna Abad, l’attacco alla chiesa di Gujra o di Peshawar, io insieme ai miei più stretti amici e alleati siamo andati lì ad aiutare le vittime. Questo è il modo di aiutare lo spirito dei grandi individui; questo è l’insegnamento del mio Libro sacro, il Corano, e del Profeta Muhammad – la pace sia su di Lui”.
Come spesso accade, in un ambiente di grande spiritualità, che sia Assisi o altri, sembra “più facile” essere nella pace. Per assurdo, non si sente “sete di pace” ad Assisi: ci si abbevera in vista del ritorno tra le proprie comunità e i propri fedeli. Il mondo ha sete di pace, e di preghiera per la pace: siamo tutti coinvolti.