Basilica di sant'Antonio: l'altorilievo della vestizione
Cuore devoto della Basilica antoniana, la Cappella di Sant’Antonio, che ospita l’arca, ovvero la tomba elevata di sant’Antonio, è uno dei più straordinari capolavori del Rinascimento italiano. Esecutori in qualità di «proto» furono Giovanni Minello, fino al 1528, e Gian Maria Falconetto dal 1531. Il suo progetto, attribuito a Tullio Lombardo, ha ispirato e coordinato una numerosa schiera di artisti di primo livello che vi hanno lavorato per tutto il XVI secolo e oltre.
Il fedele è subito accolto in questo scrigno d’arte e di fede devota da un bellissimo altorilievo: rappresenta il momento in cui Fernando, da canonico agostiniano, prende il saio della famiglia francescana e, al contempo, il nuovo nome di Antonio, per esprimere la sua più radicale scelta del Vangelo sulle orme di Francesco di Assisi e, insieme, la sua volontà di attingere alle carismatiche sorgenti del primo monachesimo, nella figura di sant’Antonio abate. Questo altorilievo è opera di Giovanni Minello che lo scolpì nel 1505.
Come è noto, l'episodio della «conversione» di sant'Antonio alla famiglia francescana risale esattamente a 800 anni fa, quando l’allora canonico Fernando incontrò un piccolo gruppo di frati francescani diretti a evangelizzare il Marocco, dove furono martirizzati. Il fatto scosse profondamente il giovane Fernando, tanto da fargli decidere di intraprendere la via del francescanesimo.
L’altorilievo ritrae nel fulgore del bianco marmo di Carrara il momento esatto di questo passaggio. In una cornice architettonica classico-rinascimentale, il gruppo dei presenti è diviso in due: a sinistra, il gruppo dei frati francescani che accoglie il nuovo membro, nell’atto di vestirlo del saio francescano; a destra, un barbuto superiore che indica perplesso la scena, poco convinto dell’opportunità della scelta di Fernando, anzi, molto dispiaciuto per la perdita di un così promettente e preparato confratello. Fernando è rappresentato in ginocchio, molto compreso in ciò che sta per fare e diventare: è praticamente nudo, ormai spoglio dell’abito della famiglia religiosa che lo ha accompagnato nella sua prima crescita vocazionale, e in attesa di ricevere l’abito di Francesco, un abito a forma di croce, per farsi anch’egli avvolgere dal mistero di grazia della croce di Gesù. Un abito che – cosa davvero straordinaria – ancora oggi conserviamo nella cappella delle Reliquie in Basilica, come preziosissima reliquia ritrovata nell’ultima ricognizione del 1981, e che ci riporta a quell’esatto momento trasformativo ed evolutivo di frate Antonio.
È davvero un'esperienza suggestiva poter ammirare e venerare quella povera tonaca di lana grezza, logorata dal tempo, che ci trasporta, come un’impensata macchina del tempo, ai giorni di Antonio, ai suoi primi passi nel seguire le orme evangeliche di Francesco d’Assisi. Quasi a indicare, al pari delle altre reliquie, quanti meriti ha avuto Antonio nell’abbracciare quella vita. Con san Bonaventura, che rinvenne nel 1263 la lingua incorrotta di Antonio ed esaltò la sua evidente santità, potremmo anche noi forse esclamare oggi: «O saio benedetto, che hai sempre testimoniato la radicalità della scelta evangelica di Antonio, ora è evidente quanto ci rendi trasparente la sua scelta e inviti anche noi ad avvicinarci e a vivere i valori del Vangelo!».
Mai come in questo caso vale il detto che «l’abito fa il monaco». Dal momento della sua scelta radicale del Vangelo, nella vita di Antonio si sprigionano tutte quelle energie che lo portarono a vivere esclusivamente per Dio e per gli altri. I miracoli che gli sono attribuiti testimoniano il suo saper intervenire in modo deciso ed efficace nelle situazioni più complesse della vita, soprattutto dei più poveri e deboli: bambini, donne, le fragili relazioni umane, trasformandole e umanizzandole col messaggio del Vangelo che lo ha trasformato e umanizzato in prima persona.
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