«Camminare, la mia rinascita»

Promessa del nuoto azzurro olimpico, una sera viene colpito alla schiena da un proiettile. Manuel Bortuzzo parla ora della vicenda che, da quel momento, lo costringe su una sedia a rotelle. Il suo sogno: ricominciare a «vincere».
09 Gennaio 2020 | di

Il suo sorriso è disarmante. La tragica vicenda di cui è stato protagonista avrebbe piegato chiunque. E invece Manuel è consapevole, nonostante la sua giovane età, che nella vita bisogna lottare e lo esprime con naturalezza. Sempre. Originario di Treviso, e promessa del nuoto, il 2 febbraio 2019, a soli 19 anni, si ritrova con un’esistenza completamente sconvolta. È notte quando, alla periferia di Roma, vittima di uno scambio di persona, viene colpito alla schiena da un proiettile. La corsa in ospedale, le operazioni e la diagnosi,  implacabile: lesione midollare. Quindi, la sedia a rotelle e gli estenuanti esercizi di fisioterapia. E poi l’emozionante ritorno in piscina.

Msa. Manuel, una bella notizia: camminare non è più un sogno?

Bortuzzo. È un segreto che ho custodito per diversi mesi. Al momento del ricovero mi era stata diagnosticata una lesione midollare completa. Dopo ulteriori analisi, i medici hanno riscontrato che, nell’infinitesimo spazio di 12 mm, qualcosa si era salvato. Un po’ più in là e avrebbero beccato l’arteria addominale e in ospedale non ci sarei mai arrivato vivo. Nella sfortuna sono stato anche fortunato.

Pochi millimetri che aprono alla speranza...

In questi lunghi mesi non ho mollato un secondo. Non mi sono mai rassegnato, so bene che senza sacrifici non si ottiene nulla. E in poco tempo, grazie a tutori specifici, sono riuscito a rimettermi in piedi. Anche le cose che sembrano impossibili a volte ti regalano risultati inimmaginabili.

Non è stato certamente facile.

All’inizio è stata molto dura. Piangevo e mi abbattevo, ma avevo tanta voglia di ricominciare. Mi sentivo come un bambino ai primi passi, che vorrebbe camminare, come fanno tutti gli altri, cadendo e rialzandosi. Ci provano, ci riprovano. Si stancano. Però non demordono. Ho provato la stessa sensazione, ma non mi sono mai arreso.

Dopo pochi giorni hai ripreso in mano la tua vita. Qual è il ricordo che ti è rimasto impresso nella memoria?

Sicuramente il momento più emozionante è stato quando ho iniziato a preparare per la prima volta lo zaino per la piscina: metterci dentro cuffia, occhialini, costume. Riprendere le mie cose mi ha fatto capire che ero ancora io, che non ero poi cambiato così tanto e che ce l’avrei potuta fare.

Ora stai in piedi con le tue gambe, senza tutori.

Per me è una sorta di miracolo. È successo un sabato mattina mentre stavo facendo i soliti esercizi con Davide. Gli ho detto: «Cosa dici se mi tolgo i tutori?». Con il suo aiuto mi sono alzato dalla carrozzina e, una volta stabilizzato l’equilibrio, ho staccato prima una mano e poi l’altra da lui. Stavo in piedi. Un momento indescrivibile. Ho pensato: «Se continuo a impegnarmi, ricomincerò a vincere».

Che cosa significa «ricominciare a vincere»?

È un progetto di sicuro molto più importante di quello che ho dovuto abbandonare a causa della svolta improvvisa che ha preso la mia vita: le Olimpiadi. Non posso negare che Tokyo 2020 era un sogno e doverci rinunciare mi ha ferito profondamente. Il nuoto ora lo vivo da spettatore. La mia attuale sfida è un’altra: rinascere. Vale più di una medaglia. Ed è per tutta la vita.

Un elogio ti è arrivato anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’ho incontrato durante la chiusura dei centri estivi per disabili e anziani ospitati nella tenuta presidenziale di Castelporziano. È stato un grande onore sentirmi dire che con il mio coraggio trasmetto «tanta forza d’animo». L’ho preso come impegno, anche per il futuro.

La tragica esperienza ti ha portato una certa notorietà. Pensi che questa ti sarà utile per impegnarti anche sul fronte della disabilità?

Spero che l’eco della mia vicenda possa contribuire a far crescere l’attenzione verso le persone con disabilità. L’esser riuscito a far sì che il bar sotto casa divenisse accessibile anche alle persone sulla sedia a rotelle è già una soddisfazione. In questo periodo ho scritto anche un libro, intitolato Rinascere, nel quale ripercorro «l’anno in cui ho ricominciato a vincere». Mi è stato proposto, poi, di interpretare me stesso in un film sul mondo del nuoto. Spero tutto questo possa servire. Perché la vita è un dono e rinascere è possibile.

 

(L’intervista integrale è pubblicata sul «Messaggero di sant’Antonio», edizione nazionale, gennaio 2020)

Data di aggiornamento: 09 Gennaio 2020

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