Liberiamoci della mediocrità!
La mediocrità sembra essere stata il tratto distintivo della fase politica apertasi con la crisi di governo. Non che quella precedente fosse contrassegnata dall’eccellenza di proposte e posizioni. Semmai da parole roboanti e violenze verbali che hanno dominato una politica di chiusura e respingimento. Ma il dibattito che è seguito all’apertura dell’ultima crisi, le proposte discusse per la formazione del nuovo governo, ci hanno fatto capire come il piccolo cabotaggio, l’assenza di proposte vere e di ogni ambizione al cambiamento siano la caratteristica dei nuovi tempi. Mediocrità, quindi, di uomini, tanto negata a parole quanto ripetutamente praticata nella realtà. E non ci riferiamo solo al «palazzo», all’uso miserevole dei media, agli scambi di potere. Quando la situazione è difficile, bisogna uscire dalle formule di rito, dai discorsi di comodo, dalla pigrizia intellettuale. Proprio allora è opportuno assumere i rischi di nuove idee e non accontentarsi delle formule.
Quando si parla della situazione economica e dei suoi danni sociali (dalla disoccupazione all’avvenire negato ai giovani fino alla loro fuga dall’Italia) ci si rifugia nelle frasi più generiche. Qual è il dibattito? Le difficoltà o sono «tutta colpa dell’Europa», oppure «solo l’Europa può risolvere il problema». Ma una proposta su cui discutere, litigare, rischiare? Quella non c’è. Non c’è alcun guizzo di fantasia, che smuova gli animi e renda il dibattito meno spento. Non ci sono idee, magari sbagliate, che aiutino a trovarne di giuste. Un tempo non lontano si pensava che, per lavorare tutti, si dovesse lavorare di meno. La Germania ci ha provato riducendo l’orario settimanale di lavoro. Non ha aspettato l’Europa. La politica italiana non prende questa idea neppure in considerazione. E nessuno propone un piano concreto per l’occupazione giovanile che si prefigga alcune centinaia di migliaia di nuovi occupati.
La mediocrità è uno dei mali peggiori della politica. Persino le idee sbagliate, la propaganda bugiarda o le astrazioni di alcuni gruppi intellettuali hanno un valore maggiore delle frasi stanche e senza appeal che i nostri politici hanno usato nelle settimane tra fine agosto e gli inizi di settembre. Va da sé che chi non è capace di uscire dalla mediocrità delle proposte e degli atteggiamenti non può che essere un mediocre. E così appaiono gli uomini della nostra politica. Nessuno di loro volto all’eccellenza. Nessuno alla ricerca di una direzione che sparigli, innovi, riformi. Non è un caso che la parola riforma non si pronunci quasi più. Le vere riforme esigono idee forti, risolvono problemi, sottintendono audacia, cambiamento di prospettiva. Quando, ormai molti anni fa, si proposero riforme importanti del lavoro o della famiglia, si pensava a qualcosa di completamente innovativo rispetto alla situazione esistente. Forse non tutto era giusto, ma comunque ci si proponeva di superare i limiti del presente. Ci fu chi buttò il cuore oltre l’ostacolo. Con coraggio. Ecco, oggi è proprio questo che manca.
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