La tristezza, se coccolata a lungo, si installa nei meandri della mente e non se ne va più. E diventa sfiducia che genera disperazione, cioè la convinzione che non sia possibile un cammino verso la gioia.
La debolezza che ci abita non è una malattia di cui dovremmo liberarci, è piuttosto la condizione che caratterizza la nostra bellezza e la nostra ricchezza più vere.
Non è l’amore, in realtà, a spaventarci. È la nostra vulnerabilità, il timore che essa, consegnata ad altri e non rispettata, diventi occasione di sofferenza. È il rischio insito nell’amore, che però non ha alternative.