Ho paura di amarti
Siamo tutti pieni di paure fino al collo, fin dall’infanzia. Le paure cominciano col primo vagito e finiscono con l’ultimo rantolo. E ogni stagione della vita ha le sue paure. Tutti dobbiamo fare i conti con quella prima domanda che Dio pone all’uomo nel giardino: «Dove sei?». Domanda che, nella sua essenzialità, scarnifica e mette a nudo ogni nostro vano tentativo di nasconderci dalla vita e dallo sguardo attento e amoroso di chi la vita ce l’ha data. «Ho avuto paura, perché sono nudo e mi sono nascosto», risponde il primo uomo.
Ciascuno di noi, dunque, è chiamato a fare i conti con le proprie paure, senza scappare dalla vita: perché ciò che temiamo di più è il vuoto e l’assurdo, l’insignificanza di una vita che non lascia una traccia e che si perde nel nulla. L’uomo moderno, qualcuno direbbe post-moderno, tecnologico e iperconnesso, assicurato con tante polizze nel tentativo, faticoso e inutile, di prevenire ogni paura, ha sconfitto molti nemici tranne il più subdolo e invasivo: la paura stessa, che dai tempi di Adamo è la cifra della nostra fragile umanità. La paura è un’emozione primaria; dal punto di vista filogenetico è la più arcaica e la più importante delle emozioni, perché ci avverte di un pericolo imminente e spesso ci salva la vita.
Ma la paura è un’emozione importantissima solo di fronte a un pericolo reale e incombente. Se essa si mentalizza, si astrae dalla concretezza di un evento possibile, diventa un’altra cosa: ansia, fobia, perfino angoscia. La paura, però, è a volte quasi desiderata, nel tentativo, quasi sempre fallace, di percepire un palpito di vita. Quella vita che può in realtà palpitare solo grazie all’amore. Non c’è gioia di vivere senza amore; è indispensabile, fin dall’aurora della vita, sentirsi amati e poi uscire da se stessi e imparare ad amare. Gli affetti e i sentimenti sono il colore e il calore della nostra vita, ma talvolta li temiamo e spesso non ne conosciamo il linguaggio.
Per essere felici davvero occorre educare il nostro cuore alla compassione e all’altruismo, perché la porta della felicità si apre solo verso l’esterno, e chi tenta di forzarla verso l’interno la chiude ancora di più. Quanta fatica facciamo per imparare che l’amore non è un fiore spontaneo, bello e fugace nel suo splendore primaverile, che presto sfiorisce con la prima pioggia. L’amore è una capacità che si impara e che richiede cura, attenzione e custodia. C’è un verso molto bello di un poeta inglese che amo molto, che sintetizza, come solo i poeti sanno fare, quello che vorrei condividere con chi mi legge: «Debole quell’amore di cui più forte è la paura» (John Donne). La paura di amare ci paralizza e blocca la vita, blocca il desiderio che rende viva la vita, e quando il desiderio si blocca, si anestetizza, si soffre molto.
In realtà, io non credo che abbiamo paura d’amare; credo piuttosto che abbiamo paura della nostra vulnerabilità, perché la persona che oggi ti dice che ti ama, domani potrebbe ferirti. Anche il linguaggio che talvolta si usa nei momenti di forte estasi amorosa, non rende giustizia all’amore: «Ti amo da impazzire; ti amo da morire!». Ma l’amore non fa impazzire, non fa morire: l’amore fa vivere e rende la vita degna di essere vissuta. La nostra vulnerabilità è la nostra ricchezza più grande, per questo non la consegniamo al primo che passa. Se ci pensiamo, quand’è che amiamo veramente l’altro? Quando ci doniamo, quando superiamo la paura che l’altro ci potrebbe ferire.
In quest’epoca di passioni tristi cerchiamo amore come i rabdomanti cercano l’acqua. Vengono alla mente le parole sferzanti del profeta Geremia che richiama il popolo eletto alla fedeltà dell’Alleanza: «Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, piene di crepe, che non trattengono l’acqua» (Ger 2,13). Abbandonare la sorgente per bere da una pozzanghera di acqua putrida che non disseta né alimenta. Così sono spesso gli amori di questo tempo incerto e minaccioso: oggi è più facile e frequente vivere rapporti fugaci e passionali, possessivi e non liberanti, ma molto più raro e difficile è vivere un amore delicato e rispettoso dell’altro. Di fronte all’altro ci si dovrebbero togliere i calzari, come Mosè di fronte al roveto ardente, perché l’altro è una terra sacra.
Amare richiede coraggio perché l’amore non è un sentimento, ma un’abilità che si impara durante tutta la vita. E nella scuola dell’amore siamo tutti scolari, non ci sono insegnanti. Amare è un’arte raffinatissima, che richiede un paziente e finissimo lavoro artigianale: dedizione, umiltà, cura e coraggio. Ce lo ricorda con forza Erich Fromm, in uno dei suoi libri più belli, L’Arte di amare, appunto: «Amare è essenzialmente un atto di volontà. Amare qualcuno non è solo un forte sentimento; è una scelta, una promessa, un impegno». Se l’amore, oggi, è ridotto a una sensazione con la data di scadenza e senza più rapporto col «per sempre», squalificato a merce che si consuma, occorre coraggio per seguire le vie del cuore che, imperterrite, a dispetto di mode e condizionamenti, cercano l’amore che «ha il duro desiderio di durare» (Paul Eluard). Il nostro tempo esalta il mito dell’autosufficienza e dell’indipendenza: io basto a me stesso.
Ma l’amore e il desiderio di amare cominciano proprio dal riconoscere la nostra insufficienza, che non bastiamo a noi stessi e che abbiamo bisogno dell’altro, perché la vita squaderni tutta la sua bellezza. «Guai al solo – recita il Qoelet –, se cade non ha nessuno che lo rialzi» (cfr. Qo 4,9-11). L’amore ha il potere di sollevare la vita dalla sua insignificanza, a condizione che si scelga di stare in un continuo stato di apprendimento.
Amare è imparare la lingua dell’altro, perché l’altro parla sempre una lingua straniera. Per questo bisogna fare la fatica, che dura tutta la vita, di imparare l’alfabeto dell’altro. Questo va oltre ciò che si sente e che si prova.Sì, amici miei, si esiste solo se si è amati. Soltanto l’amore ci fa uscire dall’anonimato, e quando l’altro ti chiama per la prima volta per nome, riconosci la voce che ti sta attraendo dal nulla e ti porta alla vita. Solo l’amore, che è forte come la morte, è capace di liberarci una volta per sempre dalle paure e liberare la gioia che sgorga da una sorgente di acqua viva che disseta e non si esaurisce.
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