Non c'è pace senza fraternità
Il mondo chiede pace. Dopo la pandemia, la guerra. E le tante guerre dimenticate, le tante lotte sanguinose e represse per il riconoscimento dei diritti umani fondamentali. Ma cosa significa pace? Certo non che qualcuno impone la propria visione del mondo o la propria volontà su altri. E nemmeno uno stato di quiete, o di ordine, dove tutto funziona senza attriti o discordanze.
Forse dovremmo rivedere il nostro immaginario sulla pace, e l’etimologia ci aiuta. La radice della parola è sanscrita: paç, che vuol dire unire, legare. Non può esserci pace in una cultura individualista, dove si pensa che la somma degli egoismi personali possa produrre il bene collettivo. Ormai abbiamo capito molto bene che così non è. Ci può essere pace solo se riconosciamo che tutto è connesso. Che siamo legati tra di noi, con chi ci ha preceduto (gratitudine) e chi verrà dopo (responsabilità); con l’ambiente, che è la nostra casa comune.
Come scrive papa Francesco nel suo messaggio per la 56esima Giornata mondiale della pace, «Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali». Non ci può essere pace senza fraternità: san Francesco è stato maestro nell’estendere i confini della fraternità alla natura, e persino alla morte. Solo la fraternità è la via che porta alla pace. Fraternità nella differenza e nella consapevolezza del legame. Siano di ispirazione le parole di Paul Éluard: «L’uomo in preda alla pace s’incorona di speranza. L’uomo in preda alla pace ha sempre un sorriso, dopo tutte le battaglie, per chi glielo chiede».
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