Canto al Sud
La luce e il colore. Le opere pittoriche di Carlo Levi si impastano di due elementi semplici e antichi per raccontare luoghi e umanità. Per questo intellettuale poliedrico, di cui ricorrono i centoventi anni dalla nascita, la pittura è forse il primo «mestiere». Prima delle parole, prima ancora dell’arte di scrivere e di quel suo Cristo si è fermato a Eboli, affresco della ruralità che è un grande canto al Sud. A Levi artista, Gam di Torino, in collaborazione con Fondazione Circolo dei lettori, dedica la mostra «Carlo Levi. Viaggio in Italia», trenta dipinti selezionati per un’esposizione che si inserisce in «Tutta la vita è lontano», un più ampio progetto di incontri, riflessioni e approfondimenti per rileggere la figura di un protagonista della vita culturale e sociale del Novecento italiano a 120 anni dalla nascita.
Negli spazi della Wunderkammer della Gam si possono ammirare undici opere dalla Fondazione Carlo Levi di Roma, otto dal patrimonio della Gam, le rimanenti dalla Pinacoteca Carlo Levi di Aliano (MT) e da collezioni private, tutte realizzate tra il 1923 e il 1973. A curarne la scelta, Elena Lowenthal e Luca Beatrice che hanno voluto mettere a fuoco due degli aspetti che meglio caratterizzano l’arte figurativa di Levi: il ritratto e il paesaggio. All’interno dell’esposizione si parte dal periodo delle prime opere per passare alla fase dei Sei torinesi (1928-1931) e giungere al fascismo, al dopoguerra e al neorealismo. Passaggi cruciali del Novecento in cui il nesso tra pittura e impegno politico rimane strettissimo.
«Sono dipinti che si focalizzano sulla geografia complessiva dell’esistenza dell’artista tra Nord e Sud dell’Italia – spiega Luca Beatrice –. La pittura di Levi va avanti e cambia così proprio come cambia la storia d’Italia. Impossibile, del resto, leggerla come entità indipendente, in particolare dopo il 1935, con l’arresto a Torino, il carcere a Roma, il confino a Grassano e ad Aliano, periodo certo drammatico ma ricco di straordinarie esperienze umane che si traducono in fervore creativo con circa settanta quadri realizzati in Lucania in pochi mesi. La pittura, allora, non può rimanere la stessa, quella di prima. Cambiano non soltanto i personaggi, gli ambienti, il paesaggio; cambia la luce, la pasta cromatica si addensa, diventa terrosa, aspra. Levi non è artista che si fa forza della propria maestria, preferisce piuttosto farsi travolgere dal valore dell’esistenza».
Luce e colore
Così il suo viaggio in Italia non è mai l’andare in un posto e basta, ma è un’esplorazione, il racconto del Paese attraverso luoghi e volti. Luce e colore sono nei ritratti, volti di donne, uomini, anziani e bambini realizzati in ambito familiare, ma anche di illustri personalità della cultura e della politica italiana e straniera. Tra questi, il ritratto di Edoardo Persico che legge (1928): il critico d’arte napoletano è vestito con un impermeabile, con il volto pallido sotto la bombetta nera; il quadro testimonia l’amicizia tra Levi e questo intellettuale e animatore culturale, molto vicino alle aspirazioni dei pittori che formarono il gruppo dei Sei di Torino. Ci sono poi il Ritratto di Carlo Mollino e il piccolo e familiare autoritratto Il letto (A letto), scelto alla Biennale di Venezia già nel 1930, che si distingue per la sintesi compositiva dei piani contrapposti. Non fa parte dei ritratti ma è di grande rilievo I fratelli (dal ciclo Cristo si è fermato a Eboli).Altro tema costante, quello dei paesaggi naturali e delle vedute urbane. Dal 1926 al 1974 Levi realizza una serie numerosa di dipinti dedicati alle città o alle realtà con cui ha i più intensi rapporti affettivi e culturali: Torino, Alassio, Parigi, Roma e la Lucania.
Paesaggi che rappresentano un percorso biografico ed esistenziale – testimoniato, ad esempio, da La casa Bombardata del 1942 o Tetti di Roma del 1951 – oltre alla visione del legame tra uomo e paesaggio – dal Lungomare realizzato ad Alassio nel 1928 fino a Gli amanti della terra, del 1973, dove sfondo e figure quasi non si distinguono l’uno dall’altro. «La fama di Levi ha avuto uno strano destino – conclude Beatrice –: se al Sud, e in particolare nella sua Lucania, è diventato una sorta di canone nella percezione del territorio e della umanità che lo abita, all’altro capo della nostra Penisola, negli ultimi decenni, è stato quasi ignorato. Rimane spiccata l’indipendenza artistica, una pittura sorprendente, mai uguale a se stessa. Colpisce che un così accorato canto al Sud si debba a un torinese, che peraltro ha scelto di riposare ad Aliano, nel piccolo cimitero, “ultimo limite nelle passeggiate del confinato del 1935”».
«Carlo Levi. Viaggio in Italia: luoghi e volti», GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino. Fino all’8 maggio. www.gamtorino.it
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