C’è passione… e passione!

Da un certo punto di vista, Gesù è stato il primo promotore di inclusività della storia. Perché ha condiviso la sua passione con tutti, trasformando il perdono in un messaggio di vita.
03 Aprile 2021 | di

Nella vita, lo sappiamo bene, ci sono passioni e passioni. Ad esempio, la passione calcistica, per citarne una che mi rappresenta! Ma, visto che siamo nel periodo pasquale, non posso non fare riferimento al significato religioso del termine. Nel Vangelo, la parola «passione» sta a indicare quella vissuta da Gesù in prima persona e poi celebrata dai cristiani di tutto il mondo per ricordare gli «eventi di fede» legati ai suoi ultimi giorni di vita, ovvero la cosiddetta «Settimana Santa» che comprende la passione, la morte e, infine, la risurrezione di Cristo nel giorno di Pasqua. Dall’esperienza del Signore possiamo trarre un’importante conclusione: il suo sacrificio è stato un atto pienamente inclusivo (e rivoluzionario anche, sebbene sia accaduto più di duemila anni fa) poiché la sua misericordia lo ha portato ad amare indistintamente tutti gli uomini e le donne, persino coloro che lo avevano tradito e volevano la sua morte. 

Il concetto di passione nel corso del tempo ha avuto una sua evoluzione, acquisendo varie sfumature. Emblematico, a tal proposito, è stato il discorso pedagogico sulle passioni di Andrea Canevaro, professore emerito dell’Università di Bologna e padre della pedagogia speciale in Italia, durante il webinar dal titolo Le parole che raccontano: handicappato, disabile, persona con disabilità: solo una questione terminologica?, trasmesso on line lo scorso febbraio sulla piattaforma digitale del CeDEI, il Centro studi e ricerche Disabilità, Educazione e Inclusione dell’Università di Bologna.

Canevaro ha spiegato come la persona con disabilità possa essere protagonista del suo progetto di vita, se questa in primis, e dunque tutti coloro che la accompagnano nei suoi contesti di vita e di fiducia, diventano consapevoli delle proprie attitudini. Le inclinazioni di ciascuno possono, infatti, costituire le fondamenta delle discipline educative e formative, quindi del lavoro di rete e della cultura dell’inclusione. Perciò il professore ha affermato: «La formazione non è imparare il linguaggio del “politicamente corretto”, e non è possibile senza sapere di che passione si è fatti. Con la passione si può mettere d’accordo il mondo […] Le passioni si possono intrecciare e così si può costruire un’inclusione delle passioni». Un bellissimo concetto che motiva ognuno di noi a coltivare i propri interessi, rendendoci fieri delle peculiarità che ci caratterizzano.

Bisogna, quindi, che un educatore innanzitutto abbia delle passioni, e che sia in grado di trasmetterle anche agli altri. In tal senso, Gesù è stato il primo educatore e inconsapevole promotore di inclusività della storia, in quanto ha condiviso la sua passione con tutti, trasformando il perdono in un messaggio di vita. Così, ha allontanato l’immaginario comune della passione da quella accezione di sofferenza e di morte che lo contraddistingueva, per riempirlo di significati positivi. Questo è un cambio di prospettiva necessario ed essenziale. È una «risurrezione» vera e propria! E voi siete pronti a cambiare il vostro punto di vista sulle passioni? Intanto, vi auguro un buon periodo pasquale! Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram. 

 

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Data di aggiornamento: 06 Aprile 2021

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