Cecenia capolavoro di Putin
Cecenia, atto primo. Febbraio 1995, cammino per una strada alla periferia di Grozny. Un crocchio di persone si forma intorno a un morto rovesciato in un fosso, con il petto crivellato di proiettili. Cercano di capire se sia un soldato russo o un miliziano di Dzhokar Dudaev.
Cecenia, atto secondo. Gennaio 2017, cammino tra le macerie di Hanano, uno dei quartieri più devastati di Aleppo (Siria). Incontro una pattuglia di soldati russi, scortano gli sminatori. «Noi siamo tutti ceceni» dice il sergente, originario di Grozny, «due battaglioni. Facciamo turni da un mese. Ma adesso va tutto bene, abbiamo quasi smesso di sparare. Prima sì che era dura…».
Tra l’atto primo e l’atto secondo si è consumata una lunga storia. E non potrebbe essere altrimenti, visto che la più ribelle (allora) tra le Repubbliche della Federazione russa è diventata il più fedele (oggi) guardiano dell’ortodossia putiniana. Con un leader, Ramzan Kadyrov, figlio di un gran muftì assassinato nel 2004 dal terrorista Shamil Basaev per la sua fedeltà a Mosca, che chiude gli incontri pubblici gridando «Viva Vladimir Putin, Allah u akbar!» e a ogni elezione politica nazionale celebra l’affluenza record, anche oltre il 99 per cento.
Da un certo punto di vista la Cecenia è il capolavoro di Putin che, avendo stroncato da fresco primo ministro (1999) la rivolta autonomista, è poi riuscito a rimodellarla nella maniera più confacente al Cremlino. Non gratis, certo. L’85 per cento delle entrate della Repubblica sono fondi stanziati da Mosca, a cui si aggiungono le donazioni forzate che i singoli cittadini offrono a favore della Fondazione Akhmad Kadyrov, che incassa oltre 60 milioni di dollari al mese, per l’infelicità di Transparency International. Però è stato proprio il patto tra Putin e Kadyrov, siglato nel 2009, a trasformare la Cecenia. Se nel 2006 gran parte delle 60 mila abitazioni distrutte nella guerra erano ancora macerie, oggi la ricostruzione è completata e il capoluogo Grozny pullula di grattacieli e di moschee. Chi non gradisce rilancia le storie di corruzione o attacca con la persecuzione dei gay, lo scandalo gridato dalla «Novaja Gazeta». Resta il fatto che persino gli attivisti ceceni per i diritti civili hanno smentito tutto, ricordando che la società cecena è così tradizionalista e omofobica che i gay fanno di tutto per restare nascosti. Più che una spiegazione, un paradosso. Ma non è tutta un paradosso, ai nostri occhi, la Russia di oggi?