Occhio agli anniversari!
Ogni anno ci offre un mazzetto di anniversari eccellenti, ma quest’anno ha per me un valore particolare per alcuni personaggi italiani scomparsi anni fa in questi mesi, nei cui confronti mi sento debitore di suggestioni fondamentali nella mia formazione. Sì, ci sono anche anniversari più lontani nel tempo, 150 anni fa, per esempio, nascevano Pirandello e la grande, la formidabile Marie Curie, donna, esule politica e immensa scienziata. Cent’anni fa nasceva Kennedy, morto ammazzato mentre era presidente del Paese più assurdo del mondo, gli Usa (e si veda il bellissimo documentario a lungometraggio, oggi in circolazione anche in qualche sala, I am not your negro sullo scrittore James Baldwin e la rivolta nera degli anni Sessanta, per capire le storture originarie di quel Paese) e cinquant’anni fa moriva ammazzato Che Guevara, i cui ideali erano, ne sono convinto, più alti e assai più generosi di quelli di Kennedy.
Sessant’anni fa moriva Saba, un poeta oggi poco letto ma un tempo considerato giustamente con Montale come il più grande del nostro Novecento, e cinquant’anni fa moriva un nostro amato maestro, don Lorenzo Milani, dopo aver messo la parola fine a quella Lettera a una professoressa scritta insieme ai suoi ragazzi, che fa ancora arrabbiare le nostalgiche professoresse (di ambo i sessi) di oggi, eterne «vestali della classe media» conformiste e per il 90 per cento semplicemente reazionarie. Qui cominciano i miei rimorsi. Se avessi voluto, avrei potuto conoscere don Milani, accodandomi a Aldo Capitini nella sua visita a Barbiana, e vederlo al lavoro. Mi consolo leggendo la nuova edizione dei ricordi appena ristampati da Feltrinelli (Non so se don Lorenzo) di una sua magnifica collaboratrice, Adele Corradi, che non lo idealizzava ma ne seppe imparare quel tantissimo che egli poteva insegnare, soprattutto «un metodo », un modo di insegnare, e vivere, e credere.
Altri tre anniversari di quest’anno mi stanno molto a cuore, i cent’anni dalla nascita e trenta dalla morte di uno scrittore che molto ho ammirato e che per fortuna ho conosciuto, Carlo Cassola; i quaranta dalla morte di Roberto Rossellini, regista di tre dei film che più ho amato, Europa 51, Germania anno zero e Francesco giullare di Dio, che non posso dire di aver conosciuto ma a cui almeno ho dato la mano una volta, al festival di Pesaro; i cinquant’anni dalla morte di Totò, il grande comico su cui ho scritto più di una volta, che mi dette appuntamento per un’intervista ma io, bestia, non ci andai per prender parte a una manifestazione contro la guerra del Vietnam.
Tanti altri rimorsi potrei dichiarare di scrittori o politici o operatori che avrei potuto conoscere o che ho conosciuto solo fuggevolmente o frequentato poco per giovanile disattenzione o presunzione, per esempio i due Levi, Sciascia e Pasolini tra gli altri. Occasioni perdute, rimpianti. Rimorsi. Ma non so se questo tipo di rimorsi possa riguardare ancora il mondo di oggi, per la constatazione (perfida e insieme dolorosa) che le persone da conoscere di qualità comparabili sono invero, oggi, forse nel nostro Paese più che altrove, piuttosto rare. Ci sono, ma vivono in genere nel nascondimento. Per fortuna i film di Totò e Rossellini e Pasolini, i libri di don Milani e Cassola, le biografie di Marie Curie e gli scritti di Che Guevara li si può ritrovare facilmente, scoprendo che hanno da dirci molto più dei nostri contemporanei. Le eccezioni ci sono, benché rare, e si tratterà allora di segnalarle e su di esse insistere.