Chiesa, santa e peccatrice
«Egregio direttore, è da circa trent’anni che sono abbonato al “Messaggero di sant’Antonio”, ed è la prima volta che le scrivo per avere, se possibile, un suo parere su alcune mie riflessioni. Qualche tempo fa sono rimasto sbalordito nel leggere la prima pagina di un quotidiano. A caratteri cubitali, nell’articolo centrale era scritto: “Pena di morte mai. Pure nel catechismo. Il Papa: contraria al Vangelo, adeguiamo la dottrina”. Era ora che finalmente la Chiesa, in ritardo di 32 secoli rispetto alla legge di Mosè che proibisce di uccidere, in ritardo di 20 secoli rispetto al Vangelo e di 3 secoli rispetto all’illuminista Cesare Beccaria che nel trattato Dei delitti e delle pene si schiera contro la pena di morte, dichiarasse in modo spettacolare, con papa Francesco, che è contraria alla pena capitale! Alleluia! Leggendo l’articolo ho scoperto inoltre che nel catechismo del 1992 era ancora contemplata la pena di morte, anche se da comminarsi in casi estremi, e mi ha scandalizzato il fatto che tale catechismo fosse stato approvato da papa Wojtyla, cioè il santo Giovanni Paolo II. Cose da non credersi! […] Alla luce di questo, mi chiedo come nel Credo si possa scrivere: “Credo la Chiesa, una, santa…”. Santa? C’è dell’incredibile in questa affermazione e io preferisco saltare il passo. […] Lei, egregio direttore, cosa pensa di tutto questo? Potrebbe spiegarmi il concetto di “santa” riferito alla Chiesa?» Lettera firmata
L’inghippo, come si suol dire in questi casi, sta già tutto all’inizio: quando Dio decise che con l’umanità avrebbe corso il rischio di una «storia di salvezza». Di un percorso, cioè, e non di una perfezione donata a scatola chiusa una volta per sempre, calata magicamente dall’alto e quasi imposta a noi. Il Signore ha rinunciato all’eternità e alla sua onnipotenza per crearci, ci accompagna titubante, e per giunta non sa – onnisciente com’è – se noi, povere e fragili creature, mai ci metteremo a cercarlo e, tanto meno, se lo troveremo. Eppure c’ha creati lo stesso, e con noi si è messo pazientemente in cammino.
A questo punto, la legge dell’incarnazione, e cioè il Figlio di Dio che diventa uomo, non fa che peggiorare le cose, accettando di confrontarsi con un particolare, e perciò limitato e datato, mondo linguistico, culturale, religioso. Insomma, umano. C’è poco da fare: non si può proprio prescindere da noi, dai nostri tempi di santità più che mai infiniti, dalla nostra libertà, anche di sbagliare. Ma tant’è, se la risposta a un’offerta di amore, beh, non può essere che altrettanto d’amore. Ecco, questa è la Chiesa allo stesso tempo «santa e peccatrice», e cioè i cristiani, chiunque si reputi tale, «santi e peccatori». Umili, e sempre disponibili a riconoscere i propri peccati e a fare tutti gli sforzi possibili per convertirsi, perché consapevoli di doversi mettere personalmente in gioco. Ma pieni di speranza, perché hanno fiducia nella misericordia di Dio, capace, seppur lentamente e a volte anche troppo lentamente, di farci compiere i passi che sono da fare verso la piena consapevolezza e possesso della sua santità.
Siamo in ritardo? Probabilmente sì. Abbiamo perso tempo e, perciò, tradito il messaggio evangelico? Sì, qualche volta penso proprio di sì. Lo facciamo anche oggi, come istituzione e come singoli credenti. Ma proprio per questo sento che la Chiesa può esser anche casa mia. Anche sulla pena di morte finalmente ci siamo arrivati, no?! I democraticissimi Stati Uniti non ancora. Neppure la comunista Cina né tanti Paesi arabi a maggioranza musulmana. Anche il secolo dei lumi ebbe nella ghigliottina della rivoluzione francese un’applicazione degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità non proprio ineccepibile. E, a dirla proprio tutta, persino il popolo eletto non intendeva così in maniera univoca il comandamento sul divieto di uccidere. Ai tempi di Mosè, ma anche tuttora, Israele contempla la pena di morte per alcuni reati estremi (e da gennaio il suo parlamento sta discutendo se introdurla anche per atti di terrorismo)…