Dal cinismo all’empatia

Il cinismo, seme di guerra e dalla guerra alimentato, è un atteggiamento sempre più diffuso, che va contrastato con l’attenzione per i diritti, l’equità, la dignità di tutti i viventi e la cura di contesti sociali più giusti.
09 Gennaio 2023 | di

Introduzione

Il conflitto è un tema di grande attualità, che oggi sentiamo particolarmente vicino e pressante. Spesso ci diciamo sostenitori della pace e contrari alla guerra, ma poi che cosa accade realmente? La pace autentica, come testimonia san Francesco d’Assisi, nasce da un’esperienza personale attraversata anche dal fallimento e dal rifiuto, dal lasciarsi mettere in discussione, cercando l’incontro e il dialogo con l’altro, impegnandosi in una comunicazione non ostile, che favorisca un «disarmo integrale» per smontare «la psicosi bellica» che si annida nei nostri cuori (cfr. Pacem in Terris n. 61 e il tema della 57ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali). In queste pagine, che proporremo per l’intero 2023, vogliamo andare alla radice, mettendo in luce quelli che sono i semi (pensieri, parole e azioni) da cui germinano situazioni di armonia o di ostilità; ci faremo aiutare da alcune voci autorevoli che ci accompagneranno nel percorso.

fra Massimiliano Patassini

 

Le minacce e le sfide da affrontare nel presente e prossimo futuro sono molte – pensiamo alla pandemia, alla povertà, ai tassi elevati di emigrazione e immigrazione, ai livelli consistenti di eterogeneità sociale, all’accentuata competitività e precarietà, allo sfruttamento delle risorse naturali, al degrado ambientale –, per altro interconnesse e interagenti, con conseguenze ancora più consistenti. E le disuguaglianze si moltiplicano, con quelle economiche e sociali che invadono ogni interstizio del tessuto di vita comunitaria e che rendono sempre più difficile pensare al futuro, in particolare per le persone e i giovani con difficoltà. Si percepisce una realtà sempre più complessa, imprevedibile, intrisa di barriere frutto di fattori però poco conosciuti, che hanno il potere di soffocare il pensiero, la riflessione, la voglia e l’energia di agire.

E per di più c’è la guerra alle porte di casa nostra, che si è aggiunta a tutto ciò esacerbando e amplificando le condizioni negative. I conflitti sono una piaga ancora viva dei nostri tempi e sebbene dal 1981 sia stata dedicata una giornata internazionale alla pace e alla non violenza (il 21 settembre), la presenza di guerre e di terrorismo continua a interessare, di fatto, ogni continente, come ben testimonia l’ultima edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo (46esimo parallelo, 2021). La guerra per definizione è violenza, oppressione, domi­nazione, annientamento del­l’altro, morte, desolazione, disperazione; terreno di cultura per gli istinti peggiori e per tutto ciò che li favorisce. E qui vogliamo portare l’attenzione su una maniera di agire e comportarsi, il cinismo, che trova in questi contesti occasione per alimentarsi ed espandersi.

Il cinismo riguarda l’agire a solo vantaggio del proprio interesse personale, in modo consapevole e ricercato, per massimizzare i benefici e i guadagni, senza alcuna attenzione a ciò che gli altri possono provare, ai danni che subiscono; si nutre di scarsa sensibilità e di scarso rispetto della dignità, con la propensione a distruggere ciò che la favorisce. Il cinismo si alimenta con la guerra, ma a sua volta ciba i conflitti e le relazioni malsane, in un circolo vizioso. Ma purtroppo la guerra non è condizione sine qua non per la sua presenza: essa nasce già nei contesti sociali attuali. Negli ambienti in cui viviamo, dove lavoriamo, è facile infatti constatare l’esercizio del potere per opprimere, azioni asimmetriche tese a impedire la partecipazione, a fiaccare la resistenza, a creare dominazione e subordinazione; si possono osservare processi di discriminazione per escludere e fare violenza e forme di volontà tese ad annientare le voci degli altri e delle altre, a far interiorizzare un senso di inferiorità e impotenza, a far percepire mancanza di possibilità, a facilitare torsioni verso la conformità e l’obbedienza.

I dati di ricerca evidenziano che il cinismo nelle società occidentali è in crescita: è, sempre più di frequente, una modalità di relazionarsi agli altri. Ma cinismo chiama cinismo: gli studi effettuati con giovani e adulti dimostrano non solo che chi viene trattato con cinismo – oltre a demordere di fronte ai cinici, invitandoli in qualche modo a perpetuare il comportamento – è stimolato a trattare gli altri con poco rispetto, ma che il cinismo stesso si associa via via, anche per chi lo attua, a peggiori condizioni di salute, a prestazioni di minori qualità, a una vita sociale incapace di infondere benessere. Agire in questo modo, dunque, non è una manifestazione di intelligenza, bensì denota una mancanza di visione e di ragionamento sociale. Creare ambienti ostili, freddi, tesi a trattare con cinismo alcune tipologie di persone, sdogana il cinismo stesso insieme al disimpegno nei suoi confronti. E oggi, a un cinismo sociale, possiamo anche aggiungere un cinismo «ambientale» verso altri esseri viventi, che per di più non hanno voce.

Tutto diventa risorsa e merce per il proprio interesse personale. E il disimpegno, il senso di impotenza, la rassegnazione tendono a produrre silenzio, a «far guardare dall’altra parte», se non a stimolare la complicità della maggioranza ai mali inferti, in modo tale da mantenere lo status quo. Non avremo quindi più scampo al peggio se non passiamo dall’essere «pericoli per il Creato» a «custodi del Creato» (papa Francesco, 2015). Dobbiamo cambiare a cominciare da ora, in ogni contesto e con tutte le persone che possiamo coinvolgere, puntando il dito contro il cinismo e le sue cause, infondendo attenzione per diritti, equità, dignità di tutti i viventi e i contesti; non possiamo tollerare quanto sta accadendo, dobbiamo riappropriarci della nostra capacità di indignarci e reagire con coraggio.

Per questo sono sempre più necessari processi di formazione, co-costruzione e trasformazione inclusiva, che aiutino i professionisti e le professioniste, i lavoratori e le lavoratrici a ripensare al proprio operato ponendo al centro l’inclusione, l’equità, la giustizia sociale e ambientale, la sostenibilità e il benessere per tutti e per tutte. In questa direzione è andata, per esempio, un’esperienza pilota e innovativa nata dalla collaborazione di Università Inclusiva (Unipd) con Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Sindacato Giornalisti del Veneto e del Trentino-Alto Adige, Associazione Articolo 21: il corso di Alta Formazione Raccontare la Verità. Come informare promuovendo una società inclusiva rivolto a giornalisti e giornaliste (e il corso «gemello» rivolto al mondo della scuola). Entrambi hanno avviato processi di lotta al cinismo e alle disuguaglianze e di co-costruzione di una cultura dell’inclusione, dei diritti umani, della giustizia sociale e ambientale, di una verità rigenerante nell’ambito di un cammino di fioritura sociale complessivo (Aver cura del vero, M. Andolfatto, L. Nota e R. Reale, 2022).

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Data di aggiornamento: 10 Gennaio 2023

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