25 Maggio 2025

Dentro una promessa

Quattro giovani donne in viaggio verso Belgrado sono le protagoniste di «Questi giorni» (Italia 2016), una storia di formazione etica collettiva diretta da Giuseppe Piccioni.
Dentro una promessa

© BIM DISTRIBUZIONE

Quattro amiche partono per Belgrado in auto­mobile. Il lavoro di cameriera in un grande hotel aspetta una di loro, Caterina, la voce narrante del film. Il lavoro glielo ha trovato un’altra amica, serba, Mina, la quinta protagonista del film Questi giorni (Italia 2016), bella e misteriosa, socialmente impegnata. Hanno tutte superato i 20 anni: Liliana, figlia di una vitale e distratta parrucchiera single, prepara la tesi; Angela, adorabile biondina, sta per fidanzarsi con un inaffidabile belloccio; la timida violinista Anna è incinta di 3 mesi e con il collega d’orchestra pensa alla futura casa.

«Eravamo dentro una promessa», ma non ce ne rendevamo conto. La bellezza era di quei giorni, più che dell’imprevedibile futuro atteso. Verrà la malattia, la passione dell’estate, verranno conoscenze impreviste coi turisti serbi, le strade di Belgrado, e niente sarà all’altezza del tempo che le legava in un’intimità indefinita, senza cui non potevano vivere. Perciò lasciano tutte l’Italia senz’altra ragione che la paura di una separazione precoce. Una di loro indovina il futuro guardando i ceri accesi e le ombre dei loro vetri colorati. Senza sognare non si vive. Trattenendo la vita, la si perde. Perciò le amiche cercano un «vortice, che t’impedisca di pensare», un contatto con l’esistenza che ti liberi dalla continua esigenza di provare per verificare, una dimora intravista solo da lontano e che merita un pellegrinaggio laico. Sembrava non succedere nulla, in quei giorni, e invece «è cambiato tutto». 

Il regista Giuseppe Piccioni, con l’aiuto delle musiche di Valerio Camporini Faggioni, lega con delicatezza i frammenti di quattro storie, le rivelazioni improvvise, il respiro del mare, il road movie, la sessualità esplorativa, il digiuno forzato, gli alloggi di fortuna, i silenzi rabbiosi, la gelosia lesbica. È una storia di formazione etica collettiva. Le giovani donne si tengono a bada a vicenda, si spronano, si invitano reciprocamente a decidere, si criticano ironicamente. Ciò che una fa è d’esperienza per tutte. I libri che Caterina legge sono utili anche alle altre. Il ri­tmo del montaggio tiene. I molti attori interpretano una melodia comune. Quasi nessuno sembra recitare. La sceneggiatura punge nei momenti opportuni. In fondo, per Piccioni, restiamo tutti nobilmente bambini, perché i bambini vedono il mondo con chiarezza etica, distinguono il bene e scappano dal male. Piccioni, 71 anni, aveva diretto Fuori dal mondo (1999), in cui una suora milanese riflette sui suoi voti quando le mettono in braccio un neonato abbandonato e lei va in cerca della madre, in compagnia di un uomo solitario e introverso, che s’affeziona alla religiosa e le sollecita domande intriganti.

In Questi giorni affascina la figura del giovane sacerdote in jeans, Guglielmo, fratello di Caterina, che ospita tutte nella sua silenziosa, deserta canonica, prepara i letti, ascolta timide confessioni, riconosce le proprie paure, conferma l’affetto della sorella che gli chiede inaspettatamente: «Prega per me». È  una chiesa accogliente e gratuita, disabitata ma dolcemente esigente: ne va di te, della famiglia, della tua compagnia, ne va di Dio stesso in questo viaggio. Dio è con e nella loro curiosità. Dio sta nella parola «per sempre», così difficile da pronunciare in ogni vocazione.

Il cinema è un’avventura on the road tra sconosciuti che nella sala di proiezione diventano compagni di viaggio per il solo fatto che aspettano una rivelazione dallo schermo. La vita non basta, se non ci sono segni e voci di promessa. Il film si apre con un disegno di William Blake (1757-1827) che raffigura il Paradiso perduto di John Milton (1608-1674), poema epico in dieci libri, mentre un simpatico professore di letteratura,  balbuziente, invita gli studenti a chiudere gli occhi per vedere quel luogo celeste che svanisce inesorabilmente. Milton stesso era già cieco mentre dettava il suo capolavoro. Le immagini del film ci carezzano come farebbe un amico, ma ogni tanto ci pizzicano, come un quartetto d’archi che suona uno scherzo, poi un adagio amaro, poi un enigmatico andante.

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Data di aggiornamento: 25 Maggio 2025

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