Diario dal terremoto - 3. La realtà
Di mestiere faccio il giornalista. E ho stima dei miei colleghi. Ne conosco le difficoltà. Ne conosco i vizi. Non arrivano i giornali ad Amatrice. Non c’è nemmeno il pane o la verdura fresca, se per questo. In un bar un uomo mi dice: «Vorrei molto poter comprare un giornale al mattino».
Leggo su internet, guardo la televisione e, nei giorni passati sulle montagne del terremoto, mi sono imbattuto in fotografi, in gente della televisione, altri giornalisti.
Alla fine ascolto Angelo Ferracuti. È uno scrittore. Vive a Fermo. L’Appennino marchigiano è la sua terra. Mi dice: «C’è uno scarto troppo grande. La rappresentazione di quanto sta accadendo nei giornali non corrisponde alla realtà che ho sotto gli occhi tutti i giorni».
Ho la stessa sensazione: leggo storie belle (la squadra dei dilettanti dell’Amatrice che sfiora una clamorosa vittoria nel suo campionato; le promesse della costruzione di un’aerea-food per otto ristoranti del paese celebre per i suo spaghetti; la consegna delle prime 25 casette). Tutto sembra funzionare, tutto è incoraggiante, ma poi alzo gli occhi e quello che vedo non torna, non corrisponde a ciò che sta accanto a me, a ciò che sfioro, a ciò che ascolto. La gente vede altro, racconta altro.
Passano i politici, gli ingegneri, i giornalisti. Quanti rimangono a dormire una notte qua? Quanti hanno viaggiato per i 69 paesi delle campagne di Amatrice? Per le 18 frazioni di Accumoli? Là dove sono rimasti in due, tre, otto persone. Chi non poteva andarsene, chi non aveva dove andare, chi ha gli animali e non vuole lasciarli. Due sorelle, la loro madre di 90 anni e un’altra famiglia i soli rimasti a Santa Giusta (su 52 abitanti) dove io ho passato appena cinque notti, 8 persone a Terracino (su 37 residenti). Quarantotto persone in tutto il territorio di Accumoli (su 600 abitanti). Mi dicono che ad Amatrice-centro sono rimasti in 64.
Chi racconterà la storia, silenziosa e quotidiana, di queste montagne quando tutti noi, giornalisti, volontari, soldati, associazioni, uomini e donne della Protezione Civile, ce ne saremo andati? O, forse, siamo già andati via. E loro, la gente delle montagne, a sera, sono soli.