Diario dal terremoto - 1. Norcia
Nico è silenzioso. Come può esserlo un montanaro della Carnia. Va ancora a scuola. A Tolmezzo. Ha ottenuto un permesso particolare: una settimana via dai banchi, per lavorare accanto al padre, Paolo, artigiano di Sauris. Lavoro da carpentiere a Fontevena, a due passi da Norcia, alla costruzione di una stalla. La scuola considererà la settimana di Nico uno stage formativo. Piccola storia in un’altra storia.
I montanari della Carnia (nove comuni, un’associazione intercomunale, aziende che hanno donato legname, vetri, viti, telai per finestre) hanno deciso, tramite la Confederazione degli Agricoltori, di costruire la stalla di Emiliano, 32 anni, allevatore di cavalli a Castelluccio di Norcia. Il terremoto ha tirato giù casa e la vecchia stalla di Emiliano: per cinquanta giorni ha continuato a vivere in montagna, era rimasto solo lassù, ai Piani. Poi ha dovuto portar giù i suoi animali. Prima della grande neve di gennaio.
Venti anni fa, dopo il terremoto della Val Nerina, i montanari della Carnia fecero la stessa cosa: anche allora ricostruirono una stalla per chi ne era rimasto senza. La gente delle montagne sa delle urgenze degli allevatori, del freddo che maltratta vacche e cavalli. Anche allora, non fu solo una storia di legno e cemento: «Nacque un’amicizia vera fra la gente dell’Umbria e noi», dice Luciano, 61 anni, tipografo in pensione, capace di mettere assieme una cinquantina di artigiani, bravi da costruire la stalla in un mese mezzo (tre settimane solo per far asciugare la platea in cemento). E così, vent’anni dopo, i montanari sono tornati in una valle squassata da un altro terremoto. Un’altra stalla. La reazione con il terremoto è anche (soprattutto?) una nuova «relazione», un’amicizia nuova.
Passo solo un giorno nelle campagne di Norcia. Intravedo voglia di vivere, di stare in piedi. «Il terremoto ha fatto chiarezza, ci ha fatto smettere di litigare tra di noi, adesso ricominciamo – mi dice Nunzio, agricoltore a Margine di Norcia –. E ricominceremo dalla terra, ora molti ragazzi vogliono fare i contadini». A Norcia vogliono tornare ai Piani di Castelluccio. La strada per la montagna è ancora chiusa. Sbarrata dall’esercito. «Ma noi dobbiamo seminare, dobbiamo portare su gli animali. E ci andremo. Castelluccio è conosciuta in tutto il mondo, sarà il simbolo di una rinascita».
Davanti a macerie, a fianco delle antiche mura di Norcia, c’è un furgoncino che vende panini. Tre donne stanno al sole. Mi fermo anch’io. Normalità. Quasi normalità. Per sbattere in faccia al terremoto la voglia di vivere.