Noonic: la mente della tech company torna in Italia
Dalle scale del vecchio edificio Liberty, a pochi passi dal centro di Padova, la porta che si apre sull’ufficio di Noonic è un salto nel futuro. L’ambiente è tipico delle «tech company», imprese ad alta innovazione tecnologica: open space dominato dai toni del bianco e sovrastato da travi a vista in legno scuro. Un gruppo di giovani di circa 30 anni, lavora su lunghi tavoli e sedie di design. Noonic ha come obiettivo aiutare le aziende a fare un salto di crescita in ambito digitale e tecnologico, offrendo i più innovativi strumenti. A fondarla a Bangalore, la Silicon Valley dell’India, circa cinque anni fa, sono stati tre imprenditori poco più che ventenni: Sebastiano Favaro, Nicola Possagnolo e Nunzio Martinello (nella foto, in ordine da sinistra).
«Abbiamo iniziato dando in outsourcing (cioè in appalto) in India alcuni lavori e abbiamo presto intuito le grandi opportunità che offriva il Paese: il giusto ecosistema, le infrastrutture, l’abbondanza di personale specializzato e i costi competitivi» afferma Nunzio, 27 anni. L’India era anche il ponte ideale per aprirsi all’Asia, dove ormai da quindici anni girava la bussola del business mondiale. Un’impresa stimolante e rischiosa al tempo stesso. In pochi mesi l’azienda passa da quattro a venti dipendenti: «In India il mercato del lavoro è completamente diverso, più dinamico, più semplice; in Italia, al contrario, tutto si complica e faccio fatica a trovare programmatori adatti alla nostre esigenze, benché i candidati abbiano una preparazione più solida».
Da Bangalore all’Italia: perché?
Perché tornare allora? «Oggi abbiamo la possibilità d’investimento e un livello di servizi tale da potercelo permettere. Siamo tra coloro che credono di poter riportare nel nostro Paese il lavoro sull’eccellenza, dando in outsourcing quei servizi che, a parità di qualità, qui avrebbero costi ben più alti. Molti clienti sono in Italia e in Occidente ed è un vantaggio poterli seguire più da vicino. C’è poi la carta del Made in Italy, che è sicuramente un valore aggiunto, guardato con favore in tutto il mondo». E poi? «E poi questo è il mio Paese. Voglio vivere qui, anche se reputo importantissimo fare esperienze di lavoro fuori». Noonic mantiene una sede a Bangalore, e ne ha aperto un’altra a Londra. «L’economia è globale, tutto corre veloce e le imprese durano una media di quindici anni. Il mondo è cambiato. I giovani lo sanno, e se non possono esprimersi qui, vanno altrove. Il problema è che non possono tornare. Non ci sono le condizioni. Non mi interessa fare polemiche, è un dato di fatto».
Cosa chiedere all’Italia? «Intanto ci tengo a sottolineare che io ho sperimentato anche istituzioni italiane che funzionano. Per esempio, per noi è stato fondamentale il sostegno dell’Istituto commercio estero». Poi ci sono tanti «però», come la scuola «efficace in preparazione di base ma lontana anni luce dal mondo del lavoro». Che si deve fare? «Rendere l’Italia più attrattiva, più aperta, più dinamica, burocraticamente più snella, con più politiche per l’occupazione».
Investire sulla propria formazione
E che dire ai giovani? «Sviluppate l’attitudine giusta, andate fino in fondo alle cose, appassionatevi, mettetevi in gioco, fate esperienze all’estero. E poi sforzatevi di conoscere il mercato del lavoro, scegliete un corso di studi sapendo a che cosa andrete incontro e investite continuamente sulla vostra formazione professionale. Il lavoro si svolge durante le ore migliori della nostra giornata, non è giusto e non è sano viverlo come un ripiego».