Emancipazione sotto il niqab
Maryam si considera la candidata ideale per un importante posto di medico ospedaliero, ma scoprirà quasi per caso di essere adatta anche al lavoro di sindaco nella sua cittadina di periferia. Anzi, intuirà che, proprio per svolgere bene la professione sanitaria, occorre innescare incisive trasformazioni sociali. Nel mondo tradizionalista e maschilista in cui vive, ci vuole precisamente una donna come lei, colta, sensibile, combattiva, per cogliere le nuove chance aperte da una legislazione divenuta più democratica, a partire dalle cose più banali, come asfaltare la strada fangosa del pronto soccorso. Lei e le sue due sorelle (belle in aspetto e dignità) organizzeranno da sole una difficile campagna elettorale. Se non sarà vittoria, sarà comunque uno scossone inquietante per rompere inveterate abitudini.
L’etica filosofica ha mostrato gli stretti rapporti tra medicina e politica. Aver cura del corpo è come gestire una federazione di organi, un agglomerato di strutture biologiche che per vivere hanno bisogno di elementi nutritivi, di energia lavorativa, di dialogo reciproco. Il clinico agisce come un politico: raccoglie i dati tecnici e conosce le alternative d’intervento, ma per decidere deve ascoltare le preferenze dei malati e difenderne gli interessi. Viceversa, amministrare una città significa interpretare i sintomi del disagio urbano, attuare terapie per riequilibrare i poteri istituzionali e modificare comportamenti patologici (o persino criminosi), offrire servizi prioritari ai settori più deboli della popolazione, interrogare e ascoltare con pazienza, equità e premura le istanze espresse dalla collettività. Uno Stato è come un organismo: è sano se cambia, se risponde agli stimoli dell’ambiente, se immagina e costruisce una rete di relazioni fruttuose tra apparati civili efficienti.
Musica nuova
Il film La candidata ideale di Al Mansour, una regista impegnata da tempo nell’indagine sociologica, lega con finezza l’ideale dell’emancipazione femminile alla creatività dell’espressione musicale. Rinunciare a tutori paternalistici non significa scivolare in una dissonante anarchia o sbeffeggiare una tradizione culturale, ma scrivere una musica nuova per gli strumenti che gli arabi conoscono in modo unico e usano in forme impareggiabili. Maryam riscopre il gusto di cantare, empatizza con la fierezza del padre musicista, torna ad apprezzare il timbro inconfondibile dell’oud, un liuto a manico corto costruito in Medio Oriente 5 mila anni fa e considerato il «sultano» degli strumenti musicali. È un’arte tradizionale a ritmare la marcia del progresso!
Lo spettatore ha il privilegio di seguire la conversione morale della protagonista mentre ella respira atmosfere diverse. In pubblico è coperta dal velo niqab, ma bastano i suoi occhi a far rabbrividire un sospettoso paziente anziano, il quale detesta che lei lo ispezioni e lo visiti, preferendo infermieri maschi. In privato, in casa o nelle aree cerimoniali riservate alle donne – come durante le feste nuziali – le sorelle mostrano completamente i loro volti, intrecciano dialoghi accesi, confessano sentimenti delicati e organizzano strategie di rinnovamento sociale.
La regista, che fu la prima donna a girare nel 2012 un film (La bicicletta verde) in Arabia Saudita, una monarchia islamica assoluta, dirigendone le sequenze dall’interno di un furgone per evitare contatti con gli uomini sul set, non fa sconti a nessuno. I maschi devono imparare a trattare in modo paritario le donne e queste hanno il diritto/dovere di esigere il rispetto delle loro prerogative socio-politiche, a partire da quelle più semplici: ad esempio comprare e guidare un’auto, viaggiare, firmare un documento, ballare, andare al cinema, parlare in pubblico.
La liberazione del presente muove dal sogno di un futuro migliore e dalla memoria di un passato gravido di promesse. Un passato denso di voci profetiche.
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