Reti di speranza

A Kunthukal, isola di Rameshwaram (Tamil Nadu - India), venticinque donne, vedove di marinai e pescatori, hanno ripreso la produzione di reti per la pesca. Il prezioso contributo di Caritas sant’Antonio.
16 Novembre 2020 | di

Kunthukal è un piccolo villaggio di pescatori indiani, situato nell’isola Rameshwaram, diocesi cattolica di Sivagangai. L’acqua del mare è cristallina e favorisce l’attività ittica. Al largo, decine di piccole imbarcazioni solcano il mare giorno e notte. In queste zone la produzione di reti assicura un reddito discreto. Se ne producono a migliaia. Purtroppo, a causa del diffondersi della pandemia da covid-19, c’è stata una battuta d’arresto. Molte strutture hanno dovuto chiudere, con danni notevoli alla già precaria economia. Tra queste, una cooperativa costituita da 25 donne, vedove, che hanno perso i mariti in incidenti di navigazione o in conflitti in mare con la Marina dello Sri Lanka. Donne che non si sono arrese, ma hanno unito le forze per assicurare ai propri figli, rimasti orfani, un futuro.

Kamali, 45 anni, è rimasta vedova 10 anni fa. Ha cresciuto una figlia che ha completato gli studi secondari. Il suo guadagno era l’unico introito per la famiglia. Negli ultimi tempi il lavoro non esisteva più e lei era caduta in una forte depressione. Poi l’aiuto della diocesi e quello della Caritas sant’Antonio hanno contribuito a rilanciare l’impresa. «La mia vita sta lentamente cambiando − confida −. Sono diventata ottimista. Riusciamo a vendere i nostri prodotti nei vari distretti e il commercio sta dando i suoi frutti. Se andrà sempre così, l’anno prossimo sarò in grado di sostenere il matrimonio di mia figlia».

Il lavoro di Kamali e delle altre donne è sintesi di creatività e manualità, doti che, con la sensibilità femminile, rendono ancor più originali i prodotti. Si va dall’ideazione dei modelli di rete, all’acquisto del materiale grezzo, dalla sua lavorazione fino alla vendita e alla promozione dei prodotti.

L’acquisto delle materie prime è sempre stato garantito da un sistema di credito. Purtroppo l’imposta amministrativa su beni e servizi ha creato problemi di approvvigionamento. Con una ricaduta notevole sulla produzione e sui guadagni delle singole donne e la sopravvivenza familiare. È a questo punto che il Servizio Sociale della diocesi di Sivagangai ha chiesto aiuto a Caritas sant’Antonio: «Abbiamo descritto il nostro progetto portato avanti da questa cooperativa di donne e chiesto un supporto economico affinché riuscissero a realizzare una quantità sufficiente di prodotto con un guadagno adeguato a condurre una vita dignitosa», spiega fr. M. Jebamalai Suresh, segretario dei  Servizi Sociali.

Stop e ripartenza

L’istituzione caritativa dei frati della Basilica del Santo ha accolto la richiesta mettendo a disposizione una somma di 3,90,084 Rs (rupie), pari a 5003 euro. Lo scorso 2 marzo è partito il rilancio dell’attività con una nuova struttura organizzativa che comprende la formazione di un comitato manageriale e di un team produttivo che hanno il compito di procurare materia prima individuando fornitori affidabili.

Purtroppo con la pandemia le autorità hanno imposto il lockdown con il conseguente rallentamento forzato della produzione. Ma ora le cose sono cambiate e il trend è in crescita. La produzione è ricominciata lo scorso luglio e conta già due turni: uno al mattino, l’altro al pomeriggio. Non solo. Da settembre è partita l’operazione «marketing» per estendere la vendita alle zone vicine, nei distretti e nelle singole isole.

Il progetto avrà, quindi, un riflesso positivo sui beneficiari e sull’ambiente. Se prima le donne riuscivano a procurarsi a fatica il materiale grezzo, oggi questo problema non esiste più. Finalmente potranno produrre le loro reti con più serenità.

L’aiuto di Caritas sant’Antonio è stato fondamentale in un momento difficile per questa popolazione provata da una crisi economica diffusa e da un clima politico che non favorisce lo sviluppo. «Grazie ai tanti amici benefattori legati al Santo, le vedove hanno ripreso il loro lavoro con fiducia in se stesse e nel futuro – afferma fr. M. Jebamalai –. Lavorano con entusiasmo e in piena solidarietà».

I risultati non si sono fatti attendere. Fino all’ultima settimana di agosto, ogni donna ha guadagnato 4.000 Rs (rupie). Nei mesi successivi sono arrivate a prendere dalle 6.500 alle 7.500 Rs. Quando tutto andrà a pieno regime e la produzione avrà raggiunto il massimo livello, ogni donna potrà guadagnare per la sua famiglia fino a 10.000 Rs. Un utile che andrà a beneficio di oltre cento persone del villaggio».

Positivo l’impatto sull’economia familiare, ma anche sull’ambiente. Il progetto prevede che i pescatori non lascino le reti usurate o danneggiate in mare. Partirà, quindi, una campagna di sensibilizzazione «no reti in mare». Perché, per queste donne, il mare non è solo fonte di sussistenza, ma anche ricordo indelebile di chi fu compagno di vita, sposo e padre. Se ieri ha tolto loro un affetto importante, oggi restituisce serenità e fiducia in un futuro migliore.

 

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Data di aggiornamento: 16 Novembre 2020
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