06 Ottobre 2020

Una nuova normalità

Il mondo è cambiato. Ci stiamo adattando tutti ad una nuova normalità ma, qualche giorno fa, quando ho sentito un padre chiedere al figlio di 8 anni: «Ti sei portato la mascherina?», mi si è stretto il cuore.

Una nuova normalità

Ho atteso a lungo che il mio corniciaio mi sistemasse tre fotografie a cui tenevo. Quando i tre quadri sono stati pronti, mentre me li porgeva, Nicola, da dietro la mascherina, mi ha detto: «Non arriva più il legno». E così ho scoperto che il legno per cornici molto semplici arrivava dagli Stati Uniti, dall’Australia, da luoghi lontani del mondo. Gli alberi europei, per fortuna, non sono tagliati per fare cornici. Una buona conseguenza della pandemia? Come la riduzione drastica dei voli aerei, cieli quasi puliti di CO2 e la scomparsa dei viaggi in Paesi fuori dall’Europa?

Mauro, oste della mia città, ha cambiato menù: venivamo qui per un bicchiere di vino e salsine da assaggiare sul pane abbrustolito. Non ho ben capito perché, ma non si può più condividere una ciotola di salsa di melanzane. Come faranno in Libano, dove il cibo è la condivisione di mille, piccoli piatti in comune?

Il calcio senza spettatori, i matrimoni in streaming, i baci con le mascherine, i libri in quarantena nelle biblioteche prima che possano passare di mano in mano; un’estate passata a fare finta che tutto fosse normale, una libertà fasulla: posso sedermi al bar, posso darti la mano, un retro pensiero mentre, qui al Sud, sfiori la guancia dell’amico…

Le visite agli ammalati in ospedale sono severamente contingentate, i bambini non possono passare la gomma al compagno vicino e il compagno di banco non c’è più. Ai supermercati si è invitati a pagare con la carta di credito per non toccare la cartamoneta. Non ci si scambia più il segno della pace durante la messa. Ci si pensa prima di prendere un treno.

Oggi la mia amica Carmela mi ha gridato contro «non mi toccare» al solo accenno di sfiorare con la mia mano la sua giacca. Si ragiona con nuove categorie: studio e lavoro «in presenza» o «in assenza», dopo otto mesi tutti sappiamo cosa significa DAD o lockdown.

Marisa, barista in un circolo sulle colline fiorentine, mi sorride da dietro una visiera di plastica. Il mondo è cambiato. Ci stiamo adattando tutti ad una nuova normalità ma, qualche giorno fa, quando ho sentito un padre chiedere al figlio di 8 anni: «Ti sei portato la mascherina?» mi si è stretto il cuore.

Data di aggiornamento: 06 Ottobre 2020

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