Nel mondo occidentale è forte un sentimento di rifiuto del lavoro, un capovolgimento del suo valore, un disinteresse per quel che è stato considerato fondamento della vita civile.
Rito vuol dire «ordine»: sia perché collega ordini diversi di realtà (il cielo e la terra), sia perché aiuta a dare ordine alla vita sociale, contrastando la frammentazione e favorendo la partecipazione.
Lo auspicava Evyrein, artista di strada padovano, in un’opera realizzata nei giorni più duri della pandemia. Un disegno provocatorio, che in realtà celava il richiamo alla pace sociale in nome di un bene comune.
Cerchiamo di trasformare le difficoltà in occasioni per coltivare la nostra umanità, così spesso rattrappita. Ascoltando, prendendoci cura e, perché no, accogliendo.
Per quarant’anni ci siamo ubriacati di privatizzazioni, abbiamo smantellato beni pubblici e beni comuni e li abbiamo affidati al mercato capitalistico. Ma il privato non è la Terra promessa...
Riuscire a parlare di morte, parlando di vita. Non è facile, eppure lui ci riesce magnificamente. Il lui in questione è padre Guidalberto Bormolini, antropologo, tanatologo, nonché religioso dei Ricostruttori nella preghiera, un ordine relativamente recente (nato negli anni ’80 del secolo scorso, a opera del gesuita Gian Vittorio Cappelletto), che fa della «ricostruzione» (esteriore: casali e vecchie abbazie abbandonate; e interiore: l’unità tra corpo, mente e spirito) il suo specifico.