Estate d'accoglienza
C’è una famosa poesia di Emily Dickinson che inizia con il verso «fa ch’io sia per te l’estate, quando saran fuggiti i giorni estivi!». Dell’estate siamo nel pieno, eppure non per tutti questo è, giustamente, un periodo di distensione, di riposo, di interruzione di routine frenetiche che rischiano di consumare le nostre energie e frammentare le nostre giornate e le nostre relazioni.
Abbiamo imparato a convivere con una pandemia che, se non si risveglierà con l’autunno, ha comunque lasciato segni pesanti, soprattutto sui soggetti più fragili e sui giovani. I problemi psicologici, già molto presenti in una generazione dal futuro sempre più incerto, in un contesto che richiede sempre di essere all’altezza, si sono acuiti con proporzioni preoccupanti. Chi aveva già difficoltà si è ulteriormente impoverito, e ora ci sono anche gli effetti di una guerra, alle porte dell’Europa, che ha seminato morte e distruzione in Ucraina ma ha avuto ripercussioni ovunque, perché ormai il mondo è interdipendente, nel bene e nel male.
Questa estate non sarà uguale per tutti, lo sarà ancora meno del solito. Viviamo in questo momento storico, ferito da shock di portata globale, ma anche molto ben interconnesso dal punto di vista della mobilità e della comunicazione. Cerchiamo allora di trasformare le difficoltà in occasioni per coltivare la nostra umanità, così spesso rattrappita. Ascoltando, prendendoci cura e, perché no, accogliendo. Sarà un’estate bella se sapremo essere estate per qualcuno che vede solo inverno.
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