Giornalisti a tutela della democrazia

Stamattina, seconda giornata di lavori della Settimana sociale di Trieste, si è tenuto il momento formativo offerto dall’Ucsi sui temi della democrazia.
04 Luglio 2024 | di

«All’incirca un anno fa, quando si cominciava a entrare nel vivo della preparazione della 50° Settimana sociale, monsignor Luigi Renna, arcivescovo metropolita di Catania e presidente del Comitato scientifico e organizzatore della Settimana, convocò l’Ucsi, l’Unione cattolica della stampa italiana, della sua Regione e chiese espressamente ai suoi membri non solo di avviare un “cantiere sulla comunicazione” in diocesi, ma di pensare e organizzare un momento formativo specifico per la Settimana». A raccontarlo Salvatore Di Salvo, segretario nazionale dell’Ucsi, originario della diocesi di Siracusa. E così stamattina l’Ucsi ha proposto ai giornalisti accreditati alla Settimana sociale un corso di formazione dal titolo: «Oltre le 5W. 5M per un giornalismo responsabile».

A spiegarne la genesi sono stati Vincenzo Varagona, presidente Ucsi, e Maria Luisa Sgobba, vice-presidente, seduti al tavolo dei relatori, oltre che con il segretario nazionale Salvatore Di Salvo, con Salvatore Ferrara, presidente Ucsi Friuli-Venezia Giulia, Giuseppe Delle Cave e Renato Piccoli, e Ivan Bianchi e Roberta Carlucci, rispettivamente coordinatori ed estensori (con altri undici giovani giornalisti) del lavoro che ha condotto al corso odierno. Un lavoro che ha preso avvio dalla scuola di formazione Ucsi (Scuola di Assisi Ucsi 2023), quando gli organizzatori, «cercando dei temi che potessero rappresentare uno stimolo rimotivante per tanti giovani giornalisti che faticano a trovare spazio nella professione», come ha sottolineato Varagona, hanno invitato i giovani dell’Ucsi a confrontarsi attorno a una questione centrale per il giornalismo di oggi: come recuperare credibilità agli occhi dei lettori? In altri termini: come passare da un giornalismo che «parteggia» a un giornalismo che tiene conto della pluralità delle voci e dei linguaggi? «Da qui siamo partiti come Scuola di Assisi – ha ricordato Sgobba, che della Scuola è referente insieme a Maria Luisa Pozzar –, nella consapevolezza che se il ruolo dei giornalisti oggi è cambiato abbiamo bisogno di una nuova “cassetta degli attrezzi”, che non getti via le basi della professione ma ne aggiunga di nuove. E così è avvenuto: i ragazzi che hanno riflettuto sul tema non hanno superato la vecchia concezione del giornalismo, ma hanno saputo integrare la vecchia visione con una nuova».

I frutti di quel lavoro, presentati stamattina, si sono concretizzati nella realizzazione di un position paper (in sostanza un documento nel quale, in modo chiaro e sintetico, viene espressa una posizione o un punto di vista su un argomento specifico), «punto di partenza per uno spazio di discussione aperto ai contributi della categoria» che ambisce a gettare le basi di un vero e proprio Manifesto per un Giornalismo responsabile.

I giovani e le giovani che hanno partecipato al lavoro (13 ragazzi e ragazze da tutta Italia), sono giunti così a realizzare un vero e proprio «cantiere delle 5W» (le cinque domande a cui ogni articolo dovrebbe rispondere per poter spiegare in modo chiaro una notizia: What-Che cosa?; Who-Chi? Where-dove? When-quando? Why-perché?, cui si aggiunge sempre anche una H che sta per How-Come, cioè il racconto di come si sono svolti i fatti), al termine del quale hanno voluto affiancare alle 5W, 5M, vale a dire altre cinque espressioni che rappresentano valori imprescindibil  per poter svolgere anche oggi il proprio mestiere in modo corretto e responsabile, al servizio dei lettori-cittadini.

A spiegare quali sono queste 5M e come si è giunti a elaborarle, è stato Renato Piccoli: «Se oggi il giornalismo ha perso credibilità – ha sottolineato – è perché ai giornalisti sono stati tolti gli “strumenti del mestiere” (che dobbiamo pretendere di riavere) come per esempio la possibilità di porre domande (ed ecco la prima M: More request, more sources cioè Più domande e più fonti) a causa della mancanza di tempo (ed ecco la seconda M: More time, cioè Più tempo), della mancanza di risorse giornalistiche (la terza: More languages, more points of view, cioè Più linguaggi e più punti di vista) che costringono i giornalisti a lavorare in fretta, senza lo spazio per prepararsi, approfondire le notizie; ma anche a causa dell’assenza di tutele adeguate per i giornalisti, spesso costretti a fare il loro mestiere per 3-4 euro ad articolo (More legal protections, rights, freedom, vale a dire, Più tutele, diritti e libertà). Queste prime 4 “M” diventano allora requisito essenziale per giungere alla quinta, non a caso auspicata più volte anche da papa Francesco: More humanity, cioè Più umanità. Perché alla fine, se chi scrive non ha il tempo né le risorse per formarsi, approfondire, cercare di capire, muoversi, incontrare le persone, ciò che resta del suo mestiere è un giornalismo freddo, lomtano dall’essere umano».

Parrebbe, quella fin qui fatta, essere una riflessione «di categoria», che riguarda cioè solo il mondo del giornalismo. E invece no. «È tempo di creare una nuova alleanza tra cittadini e giornalisti, perché anche questi ultimi, se messi nelle condizioni di svolgere in modo adeguato il loro mestiere, possono proteggere e far crescere la democrazia» hanno sottolineato i relatori.

Qualcuno potrebbe tacciarci di essere degli idealisti sognatori, ha concluso Maria Luisa Sgobba, «ma come amava ricordare don Tonino Bello, l’indimenticato e indimenticabile vescovo di Molfetta, citando Kahil Gibran “C’è molta gente pratica che mangia il pane intriso del sudore della fronte dei sognatori”. E quindi questo “sudore frutto della fatica dei nostri giovani", dobbiamo farlo nostro e porgerlo a tutta la società». In vista del bene comune e della difesa della democrazia, quella stessa democrazia al centro della riflessione di questa 50° Settimana.  

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Data di aggiornamento: 05 Luglio 2024
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