IA, la mente in ostaggio
Quanto più ci fidiamo dell’Intelligenza artificiale, tanto più diminuiscono le nostre capacità di ragionamento critico. Ciò significa che tendiamo a fare nostre, in modo supino, le risposte, le informazioni e i giudizi generati dall’Intelligenza artificiale, con buona pace dell’autonomia e delle capacità umane di risolvere i problemi.
A provarlo è una ricerca americana, realizzata da Microsoft con la Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania.
Le conclusioni della ricerca sono frutto di un esperimento a cui hanno partecipato 319 insegnanti, commercianti, infermieri, cioè chi deve di solito risolvere problemi, i quali hanno utilizzato, nella loro attività, quasi un migliaio di soluzioni proposte dall’Intelligenza artificiale generativa.
L’analisi dei loro comportamenti ha evidenziato che la crescente fiducia nell’Intelligenza artificiale faceva decrescere l’interesse a mettere in dubbio le soluzioni che essa proponeva, perfino quando dovevano essere confrontate con le competenze già maturate dai 319 volontari.
Insomma l’abitudine ad affidarsi alla tecnologia porta ad accettarne i risultati. Mentre la diffidenza spinge alla valutazione dei risultati e, nel caso, ad apportarne dei miglioramenti.
Ne parliamo con il professor Federico Cabitza, docente di Interazione uomo-macchina all’Università di Milano-Bicocca.