Il Michelangelo dei Lego
A una prima furtiva occhiata sembra di vedere dei modelli in scala molto precisi, e se non si hanno termini di paragone nelle vicinanze, si potrebbe essere indotti a confonderli con quelli veri. Poi, se ci si sofferma e si abitua l’occhio ai dettagli, si scopre la meraviglia, e ci si sente felicemente sopraffatti da un irresistibile stupore infantile. Eh sì perché le chiese, i campanili, i palazzi e i monumenti che si stagliano davanti agli occhi sono fatti nientemeno che di Lego. Proprio i famosi mattoncini. E le riproduzioni degli originali sono, a loro volta, delle autentiche opere d’arte. Geniale artefice di questi «gioielli di plastica» è Luca Petraglia, un trentaquattrenne milanese con ascendenze venete e lucane, che negli anni ha fatto di una passione viscerale per i Lego un vero e proprio lavoro. Una passione nata nel 1995, quando aveva solo 4 anni. «La prima confezione di mattoncini me la regalò mio padre Alessandro – ricorda Petraglia –. Era una macchinina piuttosto semplice da assemblare. All’epoca, quando compravamo le scatole, dopo aver costruito l’oggetto, ne smontavamo i mattoncini».
Anche se da bambino non giocava solo con i Lego, in casa esisteva comunque una tradizione per cui ogni anno la sua famiglia montava tutti i Lego che aveva, e realizzava una città. «Mio papà si era messo a comprare le strade e le ferrovie di plastica – prosegue Petraglia, che ha una sorella più grande e un fratello più piccolo –. Partecipavano anche loro, ma l’80% del plastico della città lo realizzavamo io e mio padre. Anche mia madre giocava con i Lego da bambina. È stata lei, quando io ero piccolo, a insegnarmi le regole base del montaggio dei mattoncini, come quella di metterli sfalsati quando si sta costruendo un muro in modo che diventi solido. E queste regole base le utilizzo ancora oggi, non solo per i muri portanti, ma pure per altri pezzi delle strutture». Anche perché nelle sue opere Petraglia non usa mai la colla. È tutto a incastro. «Ho passato anni a costruire con le mie mani quello che volevo realizzare, e poi ai tempi del liceo scientifico ho capito che mi piacevano anche l’arte e l’architettura. E dicevo a me stesso che sarebbe stato bello riprodurre quei capolavori con i Lego». La manualità, Petraglia l’ha sperimentata anche nel laboratorio del nonno Luigi. «Lui faceva un po’ di tutto e lavorava pure il legno. E io mi divertivo un sacco ad aiutarlo».
La sfida del Teatro alla Scala
All’età di 16 anni Petraglia ha provato a riprodurre il Teatro alla Scala di Milano con i Lego, ma non ci è riuscito perché allora non sapeva dove comprare i mattoncini sfusi dato che venivano venduti solo in scatole di montaggio pre-confezionate, e dunque non disponeva di un numero sufficiente di mattoncini per finire il Teatro. «Qualche anno dopo, ho costruito la Basilica di Sant’Ambrogio di Milano, sempre con i mattoncini che avevo in casa, e così l’ho fatta tutta rossa. Poi ho realizzato la Basilica di Sant’Antonio di Padova, anche questa con colori diversi perché non avevo ancora trovato i mattoncini sfusi». Una parte del lavoro dell’artista in erba si può vedere ancora oggi in un vecchissimo filmato su youtube (youtube.com/watch?v=y_9M130Maqs).
Poi la svolta, quando scopre il sito bricklink.com. «Così ho cominciato finalmente a procurarmi i mattoncini sfusi, e mi sono ritrovato a realizzare il Teatro alla Scala proprio come volevo io. E ci sono riuscito». Quello è stato un periodo creativo assai intenso: «Mi mettevo a fare continuamente costruzioni nuove e gigantesche, tutte a braccio, cioè senza un progetto specifico. Cercavo le foto su internet e provavo a replicare quello che c’era nelle foto». Le cose cambiano intorno al 2015 quando arrivano i primi software di progettazione. «Sia chiaro, il computer non fa nulla da solo. Consente di montare virtualmente, mattoncino dopo mattoncino, l’opera che si vuole realizzare, e di calcolare quanti e quali mattoncini occorrono anche in vista del loro acquisto». E questo amplia le possibilità di Petraglia tanto che oggi lavora anche su commissione. «Adesso faccio questo di lavoro. Ho frequentato per sei mesi ingegneria informatica all’università, ma poi ho capito che non faceva per me. Per due anni mi sono speso in vari lavoretti, e in seguito mi sono messo ad aiutare mio papà nella sua attività di assicuratore. Poi un giorno gli ho detto che se questa mia passione fosse diventata un lavoro, non avrei più potuto aiutarlo, e mi sarei dedicato solo ai Lego. E così è stato».
Un self-made artist
Luca Petraglia non ha avuto modelli di riferimento. Ha imparato tutto da solo, da autodidatta: provando, riprovando, smontando, rimontando, sperimentando, apprendendo dai suoi errori, immaginando soluzioni nuove e diverse. Insomma i Lego sono stati per lui una palestra di vita. In tutti i sensi. «Una volta le opere che realizzavo le smontavo. Invece adesso le tengo montate nel mio laboratorio di 80 metri quadrati», dove sono alloggiati migliaia di pezzi in cassetti organizzati. Ma quanto tempo ci vuole per realizzare un’opera architettonica, un monumento o un edificio storico? «Tra progetto e costruzione, direi almeno due o tre mesi, pur ottimizzando i tempi, se si punta a venderlo a cifre abbordabili».
Poi ci sono i costi. «Ci vogliono decine di migliaia di mattoncini. E acquistarli ha un prezzo tutt’altro che irrisorio. I mattoncini online costano circa 10 centesimi l’uno. Il campanile di Giotto del Duomo di Firenze è composto da 100 mila pezzi. Moltiplichiamo il costo unitario per 100 mila mattoncini. Solo per il materiale sono già 10 mila euro. Poi bisogna mettere in conto le spese di spedizione, la logistica, lo smistamento e l’organizzazione dei mattoncini in laboratorio, il progetto stesso, l’abilità e la velocità nel montarli. Centomila mattoncini pesano circa 100 chili».
Quindi un campanile fatto di Lego ha il suo peso, non solo artistico. «Oggi se mi commissionano un campanile di Giotto, il prezzo varia tra i 25 mila e i 30 mila euro. Di solito ricevo richieste principalmente dall’Italia. Anche se mi arrivano spesso richieste di aziende che mi commissionano la realizzazione, in scala, con i Lego, di un loro prodotto o addirittura della sede e degli uffici della loro azienda. Ho avuto anche richieste dall’estero: dal Brasile, dalla Germania, dalla Danimarca, dalla Russia, sia per la realizzazione di edifici e monumenti italiani che dei loro Paesi».
Talento e passione controcorrente
Per la maggior parte delle persone è ancora difficile vedere quest’attività come una forma d’arte, anche se Petraglia è ufficialmente un «Lego Artist». Eppure ha già partecipato a numerose esposizioni sia in Italia che all’estero. «Nel 2022 ho portato tre delle mie opere alla Lego House nella sua sede principale a Billund, in Danimarca. Lego ha realizzato una specie di museo gigante, e ogni anno invita una quindicina di “Lego Artist” da tutto il mondo a esporre le loro opere, e le tiene lì per circa un anno». I più curiosi e interessati sono gli adolescenti, ma lo sono anche gli adulti. «Mi chiedono sempre quanto tempo ci metto a costruire un edificio o se stampo i pezzi in 3D, ma in realtà tutto quello che faccio, lo monto esclusivamente con i mattoncini originali. Se si deve fare una forma architettonica per la quale non esiste un pezzo unico specifico, allora bisogna mettere insieme mattoncini diversi per dargli quella forma».
L’opera più difficile? «Senza dubbio il Teatro San Carlo di Napoli, piuttosto complicato dal punto di vista logistico, sia per la gestione dei 200 mila mattoncini necessari che per l’illuminazione, dato che ho utilizzato più di 400 luci led. Ecco, in questo caso le luci le ho messe io. Non fanno parte dei Lego. Ma amo molto anche la Casina Vanvitelliana di Bacoli (Napoli). Ha una forma architettonica molto intrigante, e non è un’opera famosa come altre. Probabilmente ricostruendola con i Lego le ho dato una visibilità maggiore anche tra i più giovani».
Luca Petraglia è un mix di estro, creatività e talento, ma questo non basta: «Se il talento non lo alleni, rimane lì, non te ne fai niente – osserva –. Ogni talento che noi abbiamo va nutrito quotidianamente, altrimenti è sprecato. Senza determinazione, volontà e fiducia in quello che fai, non ottieni nessun risultato». E i numeri sono lì a confermarlo. Da quando ha iniziato a coltivare questa passione, poi diventata un lavoro, Petraglia ha montato circa 900mila mattoncini. «Ma se conto anche quelli che ho assemblato fin da quando ero bambino, ho sicuramente superato i 3 milioni di pezzi».
Eppure le sue ambizioni artistiche vanno oltre. «Vorrei imparare a suonare il pianoforte – confida –. Oggi non suono nessuno strumento, ma sono un appassionato di scacchi, di videogame e, ovviamente, di Lego». A scommetterci, prima di tutti gli altri, è stato lui stesso. «Pochissimi amici ci credevano, anzi alcuni anni fa mi apostrofavano ancora con espressioni come: “A 25 anni pensi ancora ai Lego!”. Anche adesso sui social c’è qualcuno che mi lascia commenti del tipo: “Vai a lavorare!”. Ma per me questo è un lavoro vero e proprio. Io di questo ci vivo. Quando ti pagano non è un più un gioco. E questo è un concetto che ho capito quando mi sono arrivati i primi lavori su commissione; sottopagati all’inizio, ma comunque remunerati. Nel momento in cui hanno iniziato a pagarmi, ho smesso di giocare». Quella di Luca Petraglia è stata una scelta di vita non facile, controcorrente, ambiziosa e originale, ma talento e passione hanno prevalso su tutte le difficoltà. E, alla fine, lo hanno premiato. Così oggi tutti se lo contendono per avere una sua opera d’arte fatta di Lego.
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