Note di speranza

Da legno di dolore a legno di speranza. È il percorso che trasforma, grazie all’opera della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, di Milano, il legno dei barconi dei migranti in strumenti musicali.
20 Febbraio 2025 | di

Il violino ha tutti i colori di un arcobaleno: l’azzurro del cielo che si specchia nel mare, il verde di un prato dove sbocciano i fiori, il rosso brunito della passione e anche del sangue. Prima ancora di suonare l’incanto di una sinfonia di Beethoven o di un notturno di Chopin, questo strumento racconta una storia di ferite e di rinascita, di angoscia e di riscatto: questo violino – come altri suoi «fratelli», violoncelli, viole, chitarre – è stato realizzato nella liuteria di un carcere, con il legno dei barconi dei migranti approdati sulle coste di Lampedusa, dunque porta in sé tante «metamorfosi»: «Era legno di dolore, è divenuto legno di speranza, e può aiutare chi lo ascolta ad attuare una metamorfosi personale», sottolinea Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti che sostiene i laboratori di liuteria nelle carceri di Opera (Milano) e di Secondigliano a Napoli, dove vengono costruiti gli strumenti a corde di questa speciale «Orchestra del mare».

La fondazione è nata nel 2012 da Mosca Mondadori e Marisa Baldoni: «Ci ponemmo subito l’obiettivo di rendere possibile l’espressione dei talenti e il recupero della dignità di ogni persona, attraverso vari progetti, tra cui “Il senso del pane”, ovvero i laboratori per la produzione di ostie che oggi sono presenti in vari luoghi del mondo, anche a Gaza sotto le bombe», spiega il presidente. Già allora Mosca Mondadori entrò in contatto con il carcere di Opera, dove era stato avviato un laboratorio di liuteria: «Ero presidente del conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, e in carcere furono realizzati alcuni violini che poi regalammo ai ragazzi rom che avevano talento musicale ma non potevano permettersi l’acquisto di uno strumento», aggiunge. Venne organizzato anche un concerto con Franco Battiato.

La liuteria in carcere ha poi continuato a funzionare, offrendo ai detenuti l’opportunità di apprendere un mestiere, anzi un’arte antica e preziosa: «In carcere spesso lo scorrere del tempo diventa un incubo e chi non è inserito in un piano trattamentale passa quasi tutta la giornata in cella senza alcuna attività particolare: ho conosciuto ragazzi che si erano ridotti a fare sculture di stecchini», ricorda Mosca Mondadori. Ma l’articolo 27 della Costituzione rimarca che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tenere alla rieducazione del condannato». Mettersi al lavoro dà un’alternativa e garantisce una formazione: quel tempo che altrimenti non passerebbe mai diventa così scrigno di pazienza, di dedizione e di cura, e soprattutto nell’arte liutaia. Al centro c’è sempre l’uomo.

«Perché lui e non mio figlio?»

Per la Casa dello Spirito e delle Arti la svolta è arrivata attorno al 2021. «Tornai a Lampedusa e al Molo Favaloro mi trovai ad assistere a uno sbarco di migranti, più di cinquanta persone stipate su una barca – racconta Mosca Mondadori –. Tra loro c’era un bambino con i piedi scalzi, congelati, e lo sguardo perso nel vuoto: avrà avuto 8 anni. Ho pensato: “Perché lui e non mio figlio?”, e questa domanda ha cominciato a tormentarmi». Proprio allora è nata l’idea di dare nuova vita al legno dei barconi, come simbolo di speranza: «Ho appreso che le barche approdate a Lampedusa sarebbero state distrutte in quanto corpi di reato, e mi sono recato personalmente dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese chiedendole di concederci di riutilizzare quel legno nel laboratorio in carcere». Dallo Stato è arrivata l’autorizzazione: cento barconi sono stati trasferiti in Lombardia per rinascere nella musica grazie al progetto «Metamorfosi».

I liutai Enrico Allorto e Carlo Chiesa, insieme ad alcuni detenuti assunti con regolare contratto, Vincenzo, Claudio, Nicola e Andrea, si sono messi al lavoro ed è nato il primo strumento, il violino del mare, che ha suonato anche per papa Francesco e oggi è esposto al Museo del violino di Cremona. «Normalmente, per costruire un violino, si parte da un pezzo di legno, lo si scava e lo si scolpisce – spiega il liutaio Chiesa –. In questo caso, invece, adottiamo un metodo diverso, mutuato da una tecnica che si usava nel ’600 per le viole da gamba». Il fasciame delle barche non ha lo stesso spessore dei legni dei violini tradizionali e non è neppure dello stesso tipo: per realizzare un violino classico servono almeno 300 ore di lavoro, ma per questi violini del mare ne occorrono molte di più perché la lavorazione richiede un impegno ancora maggiore. «Ma fin dall’inizio abbiamo deciso di non modificare il colore del legno e di non riverniciarlo», prosegue il liutaio. Questi strumenti conservano quindi le stesse tinte delle barche, anche «graffiate» dalla salsedine e dal sole, «e suonano con una dolcezza che non ha neppure uno Stradivari – confida Mosca Mondadori – perché il loro legno è intriso di umanità, di dolore e di risurrezione insieme».

Strumenti pellegrini

La Casa dello Spirito e delle Arti abbraccia e affianca vari laboratori: oggi a Opera lavorano cinque detenuti liutai, e altri tre sono occupati a Secondigliano dove è stata creata anche la chitarra del mare che in questo anno del Giubileo viaggerà tra chiese e parrocchie di mezzo mondo, dalla Terra Santa all’Amazzonia, dallo slum di Nairobi alle periferie di Buenos Aires. Poi ci sono altri laboratori di falegnameria al carcere di Rebibbia a Roma e a Monza dove, sempre con il legno dei barconi, si fabbricano rosari e croci.

I violini, le viole e i violoncelli creati a Opera sono strumenti pellegrini: di volta in volta vengono affidati a musicisti e a orchestre che danno loro voce e sono stati già accolti anche nei grandi teatri come la Scala di Milano (per «invitarli» potete scrivere a casaspiritoarti@gmail.com). La scorsa estate, grazie a «Le vie dell’amicizia» di Ravenna Festival, i loro legni colorati sono tornati a Lampedusa per un concerto dal profondo valore simbolico con l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini diretta dal Maestro Riccardo Muti: nel Teatro naturale della Cava, illuminato da 368 lumini (tanti quanti i migranti morti nel tragico naufragio del 3 ottobre 2013), è stato eseguito anche lo Stabat Mater composto dal celebre violoncellista Giovanni Sollima, su versi in siciliano arcaico. «Questi legni di morte si sono tramutati in anima di suoni, di bellezza, di armonia e di speranza», ha detto Riccardo Muti a cui sono state donate due bacchette tornite nello stesso materiale: «Le terrò sacre, tra gli oggetti più preziosi», ha commentato, visibilmente emozionato. In questi anni, hanno aderito al progetto molti altri celebri artisti come Sting che ha anche tenuto un concerto a Secondigliano.

Futuri possibili

L’esperienza acquisita nel laboratorio in carcere è stata fondamentale per il riscatto di vari detenuti: alcuni di loro, dopo aver scontato la pena ed essere tornati in libertà, hanno aperto una loro liuteria. Anche questa è una metamorfosi, la nuova vita di chi ha saputo rialzarsi. «Questi strumenti possono cambiare le persone, come una conversione. Di certo non lasciano indifferenti», fa notare Mosca Mondadori. Ma questo progetto non potrebbe esistere senza un elemento fondamentale: la fede. «Per me la chiave di tutto è Gesù: tutto parte dall’incontro con Lui, nell’adorazione e nella contemplazione – dice il presidente –. Spesso si dimentica che Lui è persona vivente, e noi dobbiamo tenere fisso lo sguardo su di Lui. Le ostie che vengono prodotte nei laboratori che noi sosteniamo e che vengono regalate ai sacerdoti perché le consacrino sono per noi strumenti eucaristici proprio come questi violini e chitarre da cui nasce musica». Tutto converge nella bellezza. E guarda verso un orizzonte più grande e luminoso.

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Data di aggiornamento: 20 Febbraio 2025

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