Il mordi e fuggi non sazia
Si sentiva frastornato, agitato e distratto, «come una stazione ferroviaria, dove tutto si muove velocemente, tutti corrono, tanti volti, molti scambi... Vorrei che tutto si fermasse un attimo».
L’inquietudine che ci abita ha bisogno di essere presa sul serio, non possiamo lasciarci attraversare da tutto senza alcun filtro, come fossimo semplicemente un luogo di passaggio. È vero, la nostra vita sembra una stazione ferroviaria, dove tante persone passano, partono, magari ritorneranno, alcuni si incontrano per caso, si riconoscono, altri si salutano... Si consumano addii che non sono noti a nessuno, forse nemmeno a noi.
Eppure sono nostri: sono nostre le partenze e i ritorni, sono nostre le parole veloci, i gesti fatti da un finestrino chiuso. È nostro lo stupore dell’incontro imprevisto ed è nostra tutta quella confusione che non ci fa assaporare nulla di ciò che stiamo vivendo, se non per brevi e insoddisfacenti assaggi.
Un «mordi e fuggi» che stimola ancora un appetito violento, mal celato, mal gestito... Un appetito che non ci fa dormire, rubandoci la notte e il suo riposo, ci tormenta, finché ci sfinisce, ci abbatte, rubandoci il giorno con il suo impegno, ci annoia. Prima o poi stanca fare per fare, correre per correre, baciare per baciare... È una questione di gusti: «Mi sono fermato un attimo e ho avuto paura... Ho fatto tante cose senza sceglierne nessuna».
Torniamo in noi stessi senza pretese, ma decisi, assaporando il sogno, l’impegno, anche la sconfitta, per imparare a rendere possibile quello che ci piace davvero. Per arrivare a sera, anche sfiniti, ma senza i brontolii di uno stomaco vuoto, tormentato dall’angoscia e dal disagio, ma colmi di soddisfazione per aver fatto la nostra parte, senza lasciarci andare a un vivere per vivere che non sazia.
«Avrebbe voluto saziarsi… allora ritornò in sé» (Lc 15,16-17)