10 Marzo 2017

Il silenzio della fede

Giappone, 1633. Due gesuiti venuti dal Portogallo cercano un confratello che ha abiurato a favore del buddismo. «Silence» (USA 2016), l’ultimo film di Martin Scorsese, è un viaggio alla scoperta della fede incarnata nella storia.
Liam Neeson in una scena di «Silence».
Liam Neeson in una scena di «Silence».
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Andrew Garfield (a sinistra) in una scena di «Silence».
Andrew Garfield (a sinistra) in una scena di «Silence».
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Ancora l'attore Andrew Garfield, che in «Silence» è il gesuita padre Rodrigues.
Ancora l'attore Andrew Garfield, che in «Silence» è il gesuita padre Rodrigues.
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Il silenzio di chi? Di un sacerdote cattolico, che misteriosamente chiude le proprie labbra alla testimonianza dell’evangelo e si comporta da buon buddista, addirittura da funzionario della propaganda anticristiana. Ma anche il silenzio di Dio. Dov’era il Dio potente e misericordioso mentre martirizzavano i cristiani in Giappone? Perché Cristo non reagiva mentre calpestavano la sua immagine sacra e torturavano i suoi fedeli?

La sceneggiatura di Silence si ispira ai racconti evangelici della passione e al romanzo omonimo (Silenzio, 1966, su basi storiche) di Shusaku Endo (1923-1996), il romanziere nipponico convertitosi da giovane al cattolicesimo e interessato all’estraneità culturale tra religioni occidentali e costumi orientali. Il regista Scorsese riconfeziona la materia letteraria, partendo dalle sue ossessioni artistiche: il senso di colpa, il bisogno di confessione e perdono, il tormento di una fede che non riesce a diventare pratica quotidiana, l’assedio della violenza attorno al giusto sofferente, la tentazione di rispondere con la forza o di nascondersi dietro una maschera.

La vicenda: un editto di espulsione dei cristiani decreta la fine dell’opera missionaria di cui i gesuiti erano stati pionieri. In Portogallo giunge successivamente voce che padre Ferreira abbia abiurato; i suoi allievi Rodrigues e Garupe non possono restare nel dubbio e nonostante le perplessità del loro superiore e i prevedibili pericoli, decidono di partire nel 1633. Vogliono capire. Vogliono convertire di nuovo l’amico. Il loro viaggio attraversa l’inferno delle persecuzioni, gestite da un ironico inquisitore con feroce violenza e cinica intelligenza. Il Sol Levante intende piegare questi intellettuali religiosi, che minacciano un’invadente colonizzazione.

La pellicola è appesantita di ripetizioni narrative (ma la tecnica della ridondanza è usata dallo stesso scrittore Endo) e certe sequenze cruenti sono difficilmente sostenibili, ma il film incide col fuoco un dilemma etico: fede e vita sono valori di pari grado? Il martire (dal greco «testimone») offre la vita per proclamare la propria fedeltà alla dottrina. Ma se in gioco c’è la carne di altri innocenti, non potrebbe essere lecito in certi casi rinnegare pubblicamente il Vangelo e fingere un giuramento di compromesso? Contano le conseguenze di un atto o i suoi significati?

E poi non potrebbe essere proprio il Crocefisso a chiedere di risparmiare altro sangue, di umiliarsi (come Lui fece) assumendo sembianze servili, ma credendo nella potenza di una Verità, che contagerà il mondo intero, anche se qualche apostolo attua una clamorosa rinuncia? Del resto ci vuole una forza spirituale titanica per subire un «martirio dell’anima», per decidere cioè di amputare o nascondere i propri affetti spirituali, sperando che dall’occultamento germogli domani una nuova terra.

Nel film ascoltiamo le voci interiori dei personaggi, i loro dubbi, i loro appunti di diario. Percepiamo persino la parola del Cristo coronato di spine, che il gesuita prega e immagina nel ritratto di El Greco. Ma è proprio Dio che parla, o è la proiezione di una fantasia malata? Mentre violenze e inganni trionfano, sullo sfondo sublime di una natura innocente e crudele, la scintilla di liberazione è comunque lì, nella coscienza ineffabile di ciascun credente, in quello spazio in cui nemmeno la Chiesa può entrare a giudicare. Se quella cattolica è una rivelazione per tutti, è destinata a incarnarsi in forme molteplici, a seconda dei contesti culturali? Il cinema di Scorsese ci propone l’immersione in storie pericolosamente lontane dalle nostre, a prezzo di un’abiura, di un ritiro, pur di comprendere empaticamente le diversità morali.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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