L’Italia con gli occhi di una rifugiata
La letteratura come un faro per illuminare gli angoli nascosti della realtà, come un mezzo per mettere le «mani in pasta» nella vita. È quanto emerge dall’intensa intervista a Melania Mazzucco, scrittrice e premio Strega nel 2003, che nel suo Io sono con te. Storia di Brigitte racconta la storia di una rifugiata e le presta gli occhi e la voce per far giungere fino a noi il suo grido di dolore, il suo coraggio, la sua dignità.
Brigitte viene dal Congo. Ha 38 anni e 4 figli. È cristiana e infermiera. A Matadi, il suo paese, ha aperto due piccole cliniche. È una donna realizzata. Almeno fino al 1º novembre 2012, quando nella sua clinica entra un uomo. È un colonnello dell’esercito. Poco prima sette manifestanti sono stati ricoverati nella sua clinica, dopo uno scontro armato. L’uomo mette sul tavolo una bottiglia e intima a Brigitte di iniettarne il contenuto a quei sette. Le offre 100 mila dollari. Brigitte ribatte che lei le vite le salva, non le toglie. Una risposta coraggiosa in un Paese in cui la vita non vale nulla. Una risposta che la porta sull’orlo dell’abisso. Perde tutto: lavoro, figli, libertà. Soffre una serie indicibile di violenze e abbandoni. A salvarla una catena di bene, un’onda di luce in mezzo al buio, che la scaraventa a Stazione Termini, nel cuore di Roma, come un naufrago su un atollo sconosciuto.
Msa. Perché questo libro?
Mazzucco. Mi sono già occupata di migrazioni in Vita, dove ho narrato la storia di mio nonno emigrato in America. Oggi che siamo martellati dalla paura degli sbarchi e dell’invasione, ho ritenuto che fosse il momento di ritornare sull’argomento, ma dal punto di vista opposto, quello di un rifugiato. È così che ho incontrato il Centro Astalli (Servizio dei gesuiti per i rifugiati) e Brigitte.
Perché proprio Brigitte?
Era importante per me far capire che cosa ci può essere dietro a un rifugiato. Brigitte non è una vittima casuale della furia cieca di una guerra o di una violenza. Tutto quello che le accade è frutto di una scelta. Per questo la sua storia ha una risonanza più profonda. Il male non è un destino, è una scelta. Guardare in faccia un rifugiato o preferire l’indifferenza, anche questa è una scelta.
Lei e Brigitte siete diverse: che cosa vi ha permesso di fare questo viaggio assieme?
È stato difficile entrare in relazione. Ma alla fine per me è stato sorprendente scoprire che ciò che ci separa è dovuto a contingenze. A esser nati altrove. Ciò che ci unisce è molto di più. È la nostra comune umanità. Si è madri, mogli, lavoratrici. Si ama, si soffre, si viene umiliati in modi molto simili. Ciò non significa che siamo uguali.
Una delle cose che impressiona nella storia di Brigitte è che le persone che decidono di aiutarla in Congo sanno di rischiare la vita, eppure lo fanno.
Gli africani hanno tra loro legami profondi. La famiglia allargata non è solo quella di sangue: un africano chiama papà o fratello molte persone. Difficilmente è solo. Ha la certezza che chi gli è vicino morirebbe per lui. È lo specchio rovesciato della nostra solitudine: spesso fuori dalla famiglia mononucleare in Occidente c’è una generica società.
C’è un aspetto che ci accomuna: il pregiudizio.
Forse è una delle rivelazioni più importanti. Brigitte ha paura dei bianchi, in particolare delle donne che lei crede cattive, perché così ha sentito dire. In più è terrorizzata quando sa di essere a Roma, perche i «romani hanno ucciso Cristo». Il pregiudizio è figlio dell’ignoranza, tanto quanto il nostro. Anche Brigitte deve intraprendere un percorso di conoscenza e affidarsi, guarda caso, ai romani e a molte donne bianche
Ma anche lei, Melania, ha le sue rivelazioni. Per esempio incontra il mondo cattolico e ne rimane sorpresa.
Era un mondo che non conoscevo, perché non ho avuto un’educazione cattolica. Scoprire l’attività della Chiesa sociale sul campo è stato per me molto interessante. Mi ha colpito la convivenza di persone con esperienze assai diverse alle spalle. Persone che si sono incontrate sul senso dell’umano, sui grandi valori che stanno alla base del cristianesimo, ma che noi non sempre identifichiamo con esso. Anzi, direi che il cristianesimo che ho incontrato è davvero quello delle origini: crede in certi valori e vive di conseguenza.
Leggendo le vicende di Brigitte nel nostro Paese, a volte ci si sente orgogliosi di essere italiani, altre volte ci si vergogna.
In Italia c’è accoglienza e indifferenza. L’Italia è la pensionata da 300 euro al mese che accoglie in casa una ragazzina che fugge dalla tratta, oppure la signora che va al Centro Astalli per dar lavoro a una rifugiata; ma l’Italia sono anche quelle persone che vedono Brigitte prostrata alla stazione e non gli chiedono neppure se ha bisogno di un bicchiere d’acqua.
Nell’intervista completa a Melania Mazzucco vengono trattati molti altri temi: la relazione tra letteratura e attualità, quella tra immigrazione di giovani stranieri in Italia ed emigrazione di giovani italiani all’estero, gli errori della nostra «accoglienza», le possibilità di far diventare risorsa ciò che sembra solo un problema. Consulta la versione digitale della rivista.