Il presidente Mattarella «incontra» padre Placido Cortese
Con una cerimonia privata, in una sala del rettorato dell'Università di Padova, Sergio Mattarella ha consegnato ai frati della Basilica del Santo la medaglia d'oro al merito civile conferita al servo di Dio padre Placido Cortese (1907-1944), frate conventuale e direttore del “Messaggero di sant'Antonio” che durante l'ultimo conflitto mondiale si prodigò instancabilmente per salvare e aiutare prigionieri politici, internati di guerra ed ebrei perseguitati. Un'opera che gli costò la tortura e l'uccisione da parte della Gestapo nazista.
Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato alla memoria di padre Placido già il 7 giugno 2017; oggi 8 febbraio 2018, in occasione della visita del presidente della Repubblica a Padova per l'apertura del 796esimo Anno Accademico dell'Ateneo patavino, si è creata la possibilità per i frati conventuali di ricevere la medaglia dalle mani della prima carica dello Stato. A incontrare il presidente sono stati fra Oliviero Svanera, rettore della Basilica del Santo, e fra Giorgio Laggioni, nella doppia veste di vice rettore della Basilica e di vice postulatore della causa di beatificazione di Placido Cortese. Sono loro a raccontare di come l'incontro, pur breve, sia stato intenso e partecipato.
«Il presidente della Repubblica – racconta fra Oliviero Svanera – si è dimostrato molto compiaciuto nel poter onorare con un riconoscimento istituzionale una figura come quella di padre Placido. Ha sottolineato l'importanza di tenere desta la memoria di una figura così esemplare, che ha dimostrato di conoscere molto bene. Ha citato pure le sorelle Martini, collaboratrici di padre Cortese, rammaricandosi per la recente scomparsa di Carla Liliana Martini».
Fra Giorgio Laggioni fa eco al confratello: «Al presidente Mattarella abbiamo descritto il memoriale che in Basilica ricorda l'operato di padre Cortese. Ne è rimasto sorpreso, non sapeva che esistesse. In ogni caso, sembra quasi aver registrato l'informazione a futura memoria, chissà, per un prossimo passaggio a Padova da mettere in calendario...». Questa volta non si è concretizzata l’occasione. «Avevamo fatto una richiesta formale al cerimoniale del Quirinale per poter avere tra noi in Basilica del Santo il presidente, ma purtroppo abbiamo avuto un gentile quanto fermo diniego, perché i tempi della visita a Padova erano molto stretti» prosegue il rettore. E tuttavia, il luogo scelto per la cerimonia privata non è stato solo occasionale, se è vero — come ha affermato Rosario Rizzuto, magnifico Rettore dell'Università di Padova, nella sua relazione di apertura — che «siamo l'Ateneo di Concetto Marchesi, unica università insignita della medaglia d'oro al valore militare per la resistenza al nazifascismo».
Padre Oliviero riferisce anche di aver chiesto al presidente come fosse arrivato a conoscere una figura, quella di padre Placido Cortese, luminosa ma conosciuta più che altro a livello regionale, e poco di più… «La cosa mi incuriosiva, anche perché già in altra occasione Sergio Mattarella aveva citato padre Placido, il 25 aprile 2015, nel discorso dedicato alla Resistenza, insieme ad altre figure di spicco della Padova di quegli anni come Marchesi e Franceschini. Già fu una sorpresa quella volta, ora lo è a maggior ragione. Della medaglia d’oro al valor civile non ce ne eravamo nemmeno accorti: ci ha avvisato il prefetto, e abbiamo così potuto averne conferma sul sito del Quirinale, fino all’invito e all’incontro di oggi. Comunque, alla mia domanda il presidente ha semplicemente sorriso…».
Lo stupore è una delle chiavi di lettura della vicenda dell’ex direttore del «Messaggero di sant’Antonio», come spiega fra Svanera: «Padre Placido continua a stupirci. Testimonianze inedite sulla sua opera arrivano in convento ancora anche negli ultimi tempi. Fa molto effetto vedere quanto una figura così semplice abbia saputo fare nel bene. Nemmeno i frati suoi confratelli sapevano quanto si stesse operando per i disagiati; era arrivato addirittura ad ospitare delle persone in convento all’insaputa di tutti. Poi, va sottolineato che la sua fu un’opera di carità, non di politica. È forzato, come pure è stato fatto, dire che il presidente Mattarella rende omaggio al “antifascista padre Placido Cortese”. Non è così, e per noi, dal punto di vista francescano, è ben più di così. La sua azione di aiuto ai civili ebrei e perseguitati e ai militari anglosassoni è stata il suo modo santo di interpretare la propria vocazione di sacerdote e francescano, di pastore sensibile alle sofferenze del suo gregge. Del resto, la sua figura dà luce anche al “Messaggero di sant’Antonio”, di cui era direttore, e al suo motto “Vangelo e Carità”, che egli ben incarnò con la passione per la divulgazione alta del messaggio antoniano. Infine, se pensiamo a come è morto, torturato dalle SS nel carcere di Trieste, appare lampada che riverbera nei tempi oscuri della seconda guerra mondiale. Noi frati avviciniamo la sua testimonianza a quella di san Massimiliano Kolbe. Furono luci nelle tenebre, trasparenza di Vangelo».
Ed ecco infine la motivazione del conferimento della medaglia alla memoria, come indicato sulla pergamena consegnata ai frati insieme alla medaglia d’oro: «Direttore del "Messaggero di S. Antonio", durante la seconda guerra mondiale e nel periodo della Resistenza si prodigò, con straordinario impegno caritatevole e nonostante i notevoli rischi personali, in favore di prigionieri internati in un vicino campo di concentramento, fornendo loro viveri, indumenti e denaro. Dopo l'8 settembre 1943 entrò a far parte di un gruppo clandestino legato alla Resistenza, riuscendo a far fuggire all'estero numerosi cittadini ebrei e soldati alleati, procurando loro documenti falsi. Per tale attività nel 1944 fu arrestato e trasferito nel carcere di Trieste, dal quale non fece più ritorno. Fulgido esempio di alti valori cristiani e di dedizione al servizio della società civile. 1942-1944 — Padova».