Non abbiate paura. In preghiera con i missionari martiri
«Non abbiate paura» è il motto della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, che si celebra in tutta Italia venerdì 24 marzo. Un appuntamento fisso da 25 anni, in una data non casuale: l'anniversario dell’uccisione del beato Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, il 24 marzo del 1980.
Significativo che quest’anno la ricorrenza cada un venerdì di quaresima. Del resto, come sottolinea papa Francesco, «Gesù Cristo è il primo Martire, il primo che dà la vita per noi. E da questo mistero di Cristo incomincia tutta la storia del martirio cristiano, dai primi secoli fino a oggi».
Papa Francesco torna di frequente, suo malgrado, sul tema dei martiri. Suo malgrado, certo, perché viviamo tempi di grande violenza globale, di «terza guerra mondiale a pezzi», dove a farne le spese sono tanti innocenti, e tanti uomini e donne di buona volontà e di fede che proprio perché credono nel bene sono con loro schierati.
Sulle pagine del «Messaggero di sant’Antonio» abbiamo a più riprese raccontato la vicenda dei frati missionari martiri Miguel Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, giovani sacerdoti polacchi uccisi in Perù nel 1991 e beatificati nel dicembre 2015. La loro storia si lega a quella delle Giornate mondiali della gioventù: furono uccisi da guerriglieri maoisti proprio nei giorni della Gmg di Częstochowa, nell’agosto 1991, perché la violenza potesse avere un’eco internazionale. Giovanni Paolo II in quell’occasione commentò: «Sono i nuovi santi martiri del Perù».
A distanza di 25 anni il cerchio si è chiuso con la beatificazione, ma anche simbolicamente con il gesto di un altro Papa, in viaggio sempre in Polonia per partecipare a una Gmg, a Cracovia nel 2016. In uno dei suoi immancabili fuori programma, il Santo Padre è entrato nella Basilica di San Francesco dei frati minori conventuali, si è fermato in raccoglimento davanti alle reliquie dei martiri, ha ascoltato la loro storia per bocca del terzo compagno, l’unico sopravvissuto di quella prima fraternità di missionari in Perù, fra Jarek Wysoczański. Poi ha proposto egli stesso una preghiera per la pace e la difesa dalla violenza e dal terrorismo, nella quale papa Bergoglio ha implorato la pace, ha ricordato le vittime e i sopravvissuti alla violenza, ha chiesto la conversione dei terroristi, «resi forti dall’esempio dei beati martiri del Perù, Zbigniew e Michele, che hai reso valorosi testimoni del Vangelo, al punto che hanno offerto il loro sangue, e chiediamo il dono della pace e l’allontanamento da noi della piaga del terrorismo».
Un’ultima parola cristiana risuona forte di fronte alla violenza e al male che indurisce tanti cuori. L’ha pronunciata con coraggio fra Jarek Wysoczański a Roma, nella chiesa di San Bartolomeo all’isola Tiberina, memoriale dei nuovi martiri promosso dalla Comunità di sant’Egidio, dove lo scorso gennaio si è tenuto un momento di preghiera con l’intronizzazione delle reliquie dei beati frati martiri.
«Da questo posto – ha affermato fra Jarek – mi piacerebbe con molta forza dire una parola di perdono a coloro che hanno ucciso Miguel e Zbigniew, e che hanno ucciso e uccidono tante persone innocenti. Vogliamo che questa parola incontri il nostro cuore, luogo speciale, perché diventiamo anche noi testimoni di Gesù».
Il perdono non è un di più del martirio. È invece un atto di creazione che entra nel cuore del martirio stesso, e ne tocca il mistero.