Attenti ai vacui!

La paura dell’ignoto, del vuoto, dell’orrido diventa diffidenza per tutto quello che è diverso da noi. Ma lo spavento o la ripulsa sono spesso solo una difesa istintiva e fuorviante da ciò che ancora non conosciamo.
05 Marzo 2017 | di

Mai come in questo periodo storico siamo chiamati a guardare in faccia la diversità, a conoscerla, a comprenderla. Questo è fondamentale per riuscire ad accogliere esperienze, stili di vita, contesti e culture diverse, senza rischiare di generalizzare e cadere in populismi, stereotipi e pregiudizi che troppo spesso influenzano il nostro sentire.

Così, sempre più di frequente, quando giro per le scuole d’Italia, insegnanti e professori mi chiedono di affrontare il tema dei sentimenti legati all’incontro con l’alterità.

Quali sono tra le emozioni quelle che emergono maggiormente quando ci relazioniamo con la diversità, in generale, e più nello specifico con la disabilità? Inutile nasconderci l’imbarazzo e soprattutto la paura. Non è mica facile parlare di paura con bambini e adolescenti. Non è facile nemmeno ammettere la normale apprensione che ci coglie quanto ci troviamo a tu per tu con qualcosa o qualcuno molto differente da noi, dalle nostre abitudini, dalle nostre sicurezze.

Per parlarne con i giovani, ho scelto un film uscito recentemente: Miss Peregrine: La casa dei ragazzi speciali, l’ultimo lavoro di Tim Burton.

Nella pellicola viene raccontata la storia di Jacob, un ragazzo sedicenne che, alla morte del nonno, scopre che la casa per ragazzi speciali di Miss Peregrine, di cui il nonno gli aveva tanto parlato, non è una favola della buonanotte, ma una realtà. Da qui nasce l’avventura e l’incontro con i «vacui»: creature orribili, la metafora scelta dal regista per rappresentare le nostre paure, dal latino horror vacui per l’appunto, letteralmente «la paura del vuoto».

Nella trama il protagonista Jacob è l’unico che riesce a vederli e sentirli, ad individuare queste spaventose creature. Non a caso sarà lui a sconfiggerli. In fondo è ciò che accade quando si incontra la diversità. Guardare in faccia questa paura, conoscerla ed entrarci in contatto è già un modo per superarla, per far sì che sia meno inaffrontabile.

Lo spaventoso vacuo dell’incontro con la disabilità diventa così un piccolo imbarazzo, una volta che viene visto, riconosciuto e affrontato. E questo lo dico con certezza, tanto che mi stupisco ancora ad osservare il mio impatto con le persone, e come cambiano una volta entrati in relazione. A volte non servono nemmeno le parole, basta guardarsi negli occhi.

Questo vale per tutte le alterità che il mondo globalizzato, sempre più spesso, ci mette di fronte. Non è un discorso limitato alla mia esperienza o solo al mondo della disabilità, ma vale per tutto ciò che, banalizzando, inquadriamo nel limitante recinto della diversità.

Altro giro, altri vacui su cui sento di dire due parole. Riflettendoci bene, ho pensato ai tanti bambini con autismo incontrati in tanti anni di lavoro. Ho pensato ai loro vacui, alle loro paure, a quanto debbono far fatica per affrontarli, a quanto siano importanti le figure educative che ruotano intorno a loro (famiglie, insegnanti, educatori) per aiutarli a riconoscere questi vacui e tenerli lontani per migliorare la loro qualità di vita. Ammettere una paura è il primo passo per superarla. Allora, forza supereroi e non, riconosciamo i nostri vacui, e cerchiamo di sconfiggerli! Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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