Il vento dell'inclusione
Era una piovosa e fredda mattina di maggio quando ho preso il volo Lufthansa per Francoforte, in Germania. La mia destinazione era la missione Hanau – Scuola Eugen Kaiser (EKS) – Scuola professionale specialistica per educatori. Mi sono recato lì, in compagnia di alcuni colleghi del Centro Documentazione Handicap di Bologna, per affrontare, insieme con insegnanti e operatori tedeschi, una domanda lassù ancora spinosa: perché è importante, o addirittura necessario, inserire i bambini con disabilità nelle scuole e nelle classi di tutti?
Una questione che vi parrà sorpassata, ma che in realtà ancora non lo è, e che oggi muove i primi passi in uno dei Paesi più all’avanguardia d’Europa. È solo da poco, infatti, che la Germania si è aperta all’abolizione delle scuole differenziali, un impegno che si concretizzerà ufficialmente nel 2020.
Il dibattito e il fermento attorno al tema sono quindi all’apice nel Paese teutonico, motivo per cui, non appena ho messo piede nella terra del mitico eroe del calcio d’oltralpe Schnellinger, ho cercato, come sempre, di annusare l’aria, di percepire le sottili, improvvise, folate di novità.
Quale metafora migliore del vento, allora, per cominciare a soffiare un po’ di cultura dell’inclusione là dove ce n’è più bisogno?
A volte poi i cambiamenti più importanti e duraturi sono invisibili agli occhi, si verificano cioè nel tempo, nella misura di piccoli spostamenti che poi, alla fine, si riveleranno grandi. Il vento, pensateci, si comporta proprio così: soffia aria fresca intorno a noi senza che ce ne rendiamo conto e nel frattempo sposta nuvole, trasporta semi, ci racconta storie di luoghi e paesi lontani. A un certo punto un albero spunta e non sappiamo da dove è arrivato. La risposta è nei venti, che sanno sempre da dove partono e dove sono diretti.
Succede la stessa cosa con l’inclusione, un vento che si genera dal basso, e che è capace di spostare masse di pensiero, masse di persone e di colorare il panorama di diversità. Ed è quando la diversità ha modo di crescere e svilupparsi che cominciamo a vederne le conseguenze. Pensate a un giardino fiorito, il suo profumo non sarebbe così inebriante, i suoi colori così intensi se non fosse la somma dei fiori, tutti uguali e tutti diversi tra loro.
Un concetto semplice che, tuttavia, nell’incontro con i giovani educatori tedeschi di domani si è rivelato fondamentale, per rispondere alle incertezze ancora diffuse sui pro e sui contro del passaggio dalla «classe degli asini» a quella di tutti. Partecipare a questi momenti di cambiamento storico, oggi, come agli inizi degli anni Settanta, devo dire che fa sempre un certo effetto e ciò vale anche per altre zone di confine che di recente ho esplorato, come Belgrado, in Bosnia, non più al centro ma alla periferia dell’Europa. Non una brezza ma un vero e proprio tornado quello che mi ha investito laggiù, e che mi ha ricordato la forza del soffio del popolo, che parte dal basso per accendere la miccia della diversità.
Aspettarci che i cambiamenti cadano dall’alto è un’illusione, prendiamo piuttosto fiato e cominciamo ad alimentare la nostra rosa dei venti.
E voi, quale vento preferite? Maestrale, libeccio o scirocco? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.