Imparare ad amarsi
«Cari Edoardo e Chiara, sono una giovane donna di 31 anni, fidanzata da sette. Vi scrivo perché da qualche mese io e il mio fidanzato abbiamo deciso di sposarci. Ovviamente in me prevale la gioia per un passaggio di vita così bello e importante, ma non vi nascondo che c’è anche un po’ di timore che le cose possano non andare bene. Le mie paure nascono un po’ perché in questi sette anni ci sono stati dei passaggi faticosi nella nostra relazione che in un’occasione, un paio di anni fa, ci avevano portato anche a lasciarci per poi decidere di riprovarci poche settimane dopo. A questo si è aggiunto che dei miei carissimi zii, che per me sono stati come dei secondi genitori, hanno da poco annunciato la loro separazione. Entrambi, ai miei occhi di nipote, erano delle persone mature e impegnate in parrocchia con un percorso di fede significativo. A oggi faccio fatica a credere che mio zio, persona pacata, di cultura e di fede, abbia deciso di lasciare mia zia per un’altra donna. A volte mi chiedo come mai certe coppie, apparentemente senza grandi sforzi, restino tutta una vita assieme, mentre altre no. Mi domando se sia una questione di fortuna, oppure se dipenda da una relazione più tranquilla in cui non si pretende troppo dal partner, o da altro ancora. Vorrei sapere, in vista della scelta di sposarmi, quali sono gli elementi che permettono di capire se una coppia può durare nel tempo».
Una lettrice
Cara lettrice, ci regali un’occasione d’oro per condividere alcune conoscenze che andrebbero gridate dai tetti dei palazzi delle nostre città, per diffonderle a quante più coppie possibile. Per risponderti, attingeremo a piene mani dai risultati dei decenni di studi sulla relazione di coppia svolti dai coniugi Gottman (psicologi americani, che hanno dedicato la loro vita alla ricerca sulla relazione amorosa, incontrando migliaia di coppie lungo gli anni). Loro affermano che, sapendo a quali aspetti prestare attenzione, basta assistere a qualche minuto di discussione di una coppia che non si trova d’accordo su una qualche questione, per predire, con quasi totale certezza, se quella relazione è destinata a finire o meno. Si è visto, infatti, che l’alta probabilità di separazione in una coppia è dovuta alla presenza, durante i momenti di confronto, di uno o più dei «quattro cavalieri dell’apocalisse», cioè: critica, difesa, disprezzo, ostruzionismo.
Per critica si intende il lamentarsi, l’emettere giudizi sul proprio partner, il colpevolizzare invece che esprimere i propri sentimenti e bisogni in prima persona singolare, in modo propositivo. La persona che vive un’emozione spiacevole legata alla relazione dovrebbe dire i propri sentimenti, i propri bisogni affettivi e ciò che concretamente desidera che il partner faccia, invece che criticare.
Per difesa s’intende quel modo di auto-proteggersi assumendo il ruolo di vittima e indignandosi dell’altro, invece di assumersi responsabilmente anche solo una parte del problema. La relazione di coppia è il risultato di una collaborazione in cui ognuno di noi ha piccole o grandi responsabilità. È bene concentrarsi su queste, invece che identificarsi con il ruolo passivo e autogiustificante di vittima.
Il disprezzo è una forma più grave di critica, che nasce da una posizione di presunta superiorità (questo è l’indicatore più grave di divorzio). L’antidoto al disprezzo è costruire, all’interno della coppia, una cultura dell’apprezzamento e del rispetto reciproco.
L’ostruzionismo è il ritiro emotivo dall’interazione: si verifica quando un partner è emotivamente distaccato, non condivide più, rimanendo chiuso nel proprio mutismo invece di imparare ad auto-consolarsi al fine di rimanere emotivamente connessa al proprio partner.Ma tutto ciò non basta. Ci sono infatti ulteriori aspetti da tenere sempre presenti:
Esprimere la rabbia a livello comportamentale, diventando aggressivi, non ha un effetto calmante, anzi, alimenta ulteriormente il vissuto di rabbia in sé e nell’altro, innescando una catena di reazioni sempre più violente.
Le buone relazioni di coppia non sono quelle in cui si trovano soluzioni ai problemi, ma quelle in cui i membri continuano a parlarne e rimangono emotivamente disponibili. Si è calcolato che, solitamente, il 69 per cento dei problemi di coppia sono irrisolvibili, perché legati a differenze radicate. Quindi conta di più la capacità di riconnettersi emotivamente, che non quella di evitare di litigare.
In una relazione in cui si sta bene vi è una espressione di apprezzamenti e sentimenti positivi in proporzione di 5 a 1 rispetto alle critiche e ai sentimenti negativi. Cara lettrice, molti altri sono i dati empirici che ci offrono i coniugi Gottman, e ovviamente non possiamo elencarli tutti, ma ti auguriamo che tu insieme al tuo futuro marito possiate scoprire cosa funziona e cosa non funziona nella vostra relazione e umilmente mettervi in apprendistato dell’arte di amare ed essere amati. Non ci si sposa perché ci si ama, ma per imparare ad amarsi.
Edoardo e Chiara Vian
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