29 Settembre 2021

Noi, diversi ma uniti

La vicenda di Carla e Giuliano, sposi per 50 anni pur nella grande difformità che li caratterizzava. Sposi, in nome del rispetto.
Noi, diversi ma uniti

© Giuliano Dinon / Archivio MSA

«Cari Edoardo e Chiara, ho letto con interesse la lettera di Sonia preoccupata per il futuro di un matrimonio tra lei, praticante, e lui, non praticante. Chissà se può servire la testimonianza di una 87enne che 60 anni fa si è trovata nella stessa situazione di Sonia e non ha esitato a sposare, lei, cattolica praticante, un ragazzo agnostico. Una scelta, la mia, presa nonostante la disapprovazione della mia famiglia e del mio ambiente. Io, allevata in Azione Cattolica, lui, cresciuto in una famiglia comunista. In Azione Cattolica ci educavano ai valori evangelici che, per le “fanciulle”, si traducevano in servizio alla famiglia, alla parrocchia e nel perseguire ideali alti. I miei suoceri, invece, avevano sacrificato a un ideale come la giustizia sociale la possibilità di un benessere tranquillo che l’adesione al fascismo avrebbe consentito. Per un modesto calzolaio essere antifascista negli anni ’30, attivarsi come partigiano durante la guerra, accogliere in casa renitenti alla leva e partigiani feriti, appariva eroico, di un eroismo non dissimile da quello che richiederebbe un’adesione sincera ai valori evangelici. La vita insieme a mio marito Giuliano e a sua madre vedova mi ha reso più tollerante, più aperta, certamente anche più dubbiosa… Ma il bilancio non è stato negativo. La vita assieme ha maturato entrambi. Certo, mio marito ha sempre rispettato me e le mie credenze. Io non ho mai cercato di convertirlo: l’ho rispettato. Si parlava molto, siamo sempre stati interessati alle idee, alle storie, ai sentimenti dell’altro. Sempre ci siamo sentiti allievi/maestri l’uno dell’altro. Con gli anni, soprattutto con il pensionamento, il legame si è fatto ancora più stretto. Tutto si faceva assieme, anche perché l’unica figlia si è sposata e i nipoti non sono arrivati. Sempre assieme… e Giuliano per non restare solo ha cominciato ad accompagnarmi a Messa. Così ha conosciuto un parroco affettuoso con cui chiacchierava volentieri, dialoghi che spesso si scambiavano da soli e che sono avvenuti fino a pochi giorni prima della sua morte. All’ospedale accettò la benedizione del frate. Mi ha molto amata, vedo ancora il sorriso con cui mi guardava e ringrazio Dio di aver vissuto con lui per 50 anni».
Carla


Che grande regalo ci hai fatto Carla!!! La tua lettera non credo che possa servire solo per Sonia e per le coppie che non condividono il dono della fede, ma serve a tutti noi, a tutte le coppie. Nella tua lettera, infatti, c’è un crogiolo degli elementi più significativi per coltivare l’opera d’arte dell’amore umano. C’è uno sguardo positivo sull’altro e sulle sue origini. Il trattenere come in un setaccio gli elementi più consistenti e preziosi delle radici di chi ci sta accanto, cogliendone il valore e la purezza, senza entrare in competizione se non nella capacità di stimare. Si percepisce tutta l’ammirazione che nutri per tuo suocero, modesto calzolaio che ha pagato sulla sua pelle la fedeltà al valore della giustizia sociale. S’intuisce come l’ammirazione per i tuoi suoceri si sia trasferita «per infusione» sul tuo Giuliano, come se la sua persona fosse un prolungamento dell’eroismo paterno.

Quanta ispirazione dovremmo trarre noi maschi del 2021 da questi esempi! Io stesso (Edoardo) mi interrogo se sarei capace di pagare in prima persona per onorare fedelmente quello in cui credo, se sarei pronto a perdere diritti, soldi e, se fosse, anche la mia stessa vita. Oppure se cadrei (o sto cadendo) nella trappola del compromesso, del mercanteggiare con le cose in cui credo, con il venire a patti per salvarmi la pelle o, più semplicemente, per non scomodarmi. Un altro pilastro portante della tua lettera è il rispetto che c’è stato tra te e tuo marito. Nessuno ha tirato l’altro verso di sé e le proprie idee, anzi, ognuno ha visto nella diversità un valore, un mondo da scoprire e non da conquistare. Né lui ti ha dissuaso dalla tua pratica religiosa, né tu hai cercato di convertirlo. Quanta delicatezza in tutto questo!

E poi un ulteriore passaggio fondante sta nell’interesse che nutrivate per l’alterità l’uno dell’altra e per tutto ciò di cui l’altro era portatore e che umanamente lo caratterizzava. Storie, idee e sentimenti del partner erano il vostro pane quotidiano, di questo vi siete nutriti e avete nutrito, fino ad arrivare a essere, come tu meravigliosamente scrivi, reciprocamente «allievi/maestri». Non avete fatto resistenza, vi siete lasciati contaminare dalla diversità della persona dell’altro.Carissima Carla, traspare in modo chiaro il vostro essere diventati piano piano una sola carne, l’esservi aperti talmente tanto al mistero di cui l’altro è portatore, che tuo marito alla fine ha deciso di seguirti anche nella frequentazione della Messa, innescando una bella relazione con un sacerdote, una sorta di amico e guida spirituale. Il tuo Giuliano si è talmente tanto aperto verso il tuo mondo spirituale da accogliere, prima di morire, la benedizione del Padre.

Spesso in questa rubrica abbiamo raccontato come l’inevitabile differenza all’interno della coppia possa essere un ostacolo o un’opportunità, e come questo dipenda dal modo in cui ci rapportiamo a essa. Con la tua storia, tu ci hai mostrato, in modo evidente, come questa non sia una bella teoria ma una concreta realtà, nella sua versione più luminosa.Ringraziamo insieme con te il Padre celeste per i 50 anni che hai potuto passare insieme al tuo Giuliano, dono per te, e ora anche per tutti noi.
Edoardo e Chiara Vian

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Data di aggiornamento: 29 Settembre 2021
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