La forma della felicità

Come si tocca un’emozione? Il dialogo tra una bambina non vedente e la sua insegnante e ... un rotondo abbraccio che sa di felicità.
13 Gennaio 2019 | di

Mi sono sempre chiesto come le persone non vedenti riuscissero a immaginarsi le cose. Di solito siamo, infatti, abituati a dare forma ai pensieri, ma in realtà è anche il pensiero che necessita di forme. Se si tratta di qualcosa di concreto, una mela, un gatto, una statua è tutto più semplice: attraverso il tatto, infatti, si impara a immaginare e a fare esperienza di quello che ci circonda. Quando parliamo di concetti astratti, invece, la faccenda si complica.

Come fare a toccare un’emozione, una paura, un desiderio o, più banalmente, un colore? Non mi sono ancora dato una risposta ma una suggestione me l’ha offerta, per caso, il dialogo tra una bambina non vedente e la sua insegnante. Una mattina, in classe. La bambina non avrà avuto più di 4 anni, cieca dalla nascita ma vivace, attiva, in movimento, intenta, come tutti i bambini, alla scoperta del mondo.

Al momento del gioco, una delle parole preferite dai più piccoli, si sa, è il famoso «perché?»; per alcuni si tratta addirittura di una fase piuttosto lunga, con buona pace di mamma e papà, per altri più breve ma non per questo meno significativa.

Nel caso in questione ho subito notato che la bambina, invece di domandare alla sua insegnante il perché di ciò che non le era chiaro, la incalzava ripetutamente con dei «com’è?», «com’è fatto?», «che forma ha?» e così via. Naturale, direte voi, non ci vede.

Eppure le sue domande esigevano qualcosa in più di una semplice spiegazione. Le due stavano lavorando il pongo con tranquillità, finché, a un certo punto, ecco che la bimba se ne esce fuori dicendo: «Ma com’è il mondo?». Inutile dire che il pongo è caduto dalle mani della maestra. Mica male come domanda delle dieci di mattina.

Ecco però che, con calma, lei risponde: «Tondo». «Tondo come? Come una mela?», continua l’allieva. «Uhmm, non proprio… Tondo come un abbraccio», sorride la maestra. «E la felicità allora com’è? Tonda o quadrata?». «Forse tonda», conclude sorridendo la docente, abbracciando la sua giovanissima alunna. Questa risposta sembra banale, ma non lo è.

Che cos’è in fondo la felicità se non un rotondo abbraccio? Non importa se la nostra protagonista non ha potuto «vedere» quell’abbraccio, lo ha toccato e ne ha fatto esperienza nel dialogo con l’insegnante. Ora è in grado di immaginarselo, ora sa che cos’è e non se lo dimenticherà più.

Sappiamo che le persone non vedenti utilizzano la manipolazione come mezzo di conoscenza, un’azione che va continuamente sollecitata, soprattutto nella prima infanzia, per incoraggiare il bimbo, stimolando e coltivando la sua curiosità per il contesto.

Eppure, quello a cui abbiamo assistito è un bel quadro, il quale, non c’è che dire, esce dagli schemi, dimostrandoci ancora una volta che, se chi educa sa mettere a disposizione una relazione autentica, è in grado di migliorare la qualità della vita, perfino di trasformare il pensiero simbolico, di infondere fiducia.

E voi, come definireste la vostra felicità? Tonda o quadrata? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

Data di aggiornamento: 12 Gennaio 2019
Lascia un commento che verrà pubblicato