02 Maggio 2021

La grazia dell’incontro

È una grazia che vive in eterno, spiritualmente, lungo le strade della memoria, delle emozioni, della gratitudine. Ne parliamo nella tappa umbra del cammino di Antonio.
La grazia dell’incontro

© Luca Salvagno

Faceva caldo, anche se eravamo solo alla fine di maggio. Qui, in Umbria, la primavera era già in sospetto di estate. Il folto bosco che circondava la chiesetta di S. Maria degli Angeli, ai piedi del colle dove sorgeva Assisi, ce la metteva tutta a offrire un po’ di fresco, ma l’assordante frinire delle cicale non lasciava dubbi. Niente, però, che potesse impensierire frate Francesco e i suoi numerosi amici, qui radunati da tutte le parti d’Europa per il loro atteso capitolo: una banda variopinta di scavezzacolli, giovani e meno giovani, accenti strani, tutti vestiti poveramente, fondamentalmente di un saio con cappuccio e una corda con tre nodi al fianco, quanto alla foggia e al colore in realtà uno diverso dall’altro.

Le solite persone informate dei fatti ci garantiscono che tra di loro vi era anche un giovane portoghese, giunto fin lì dalla lontana Sicilia. Non è che si sapesse molto di più sul suo conto: già da alcuni mesi era entrato tra le fila dei frati, come loro aveva cominciato a percorrere le strade del mondo a piedi scalzi e a vivere di povertà e fraternità. Quel che si sa, aggiungono gli informati di cui sopra, è che quella era la prima volta che frate Antonio si incontrava personalmente con frate Francesco. Un’occasione importante almeno per il primo dei due, ne deduciamo, per chiarirsi un po’ meglio le idee su che differenza corra tra essere un canonico agostiniano e un frate minore. Fino a quel momento ci aveva provato, ma, a giudicare dai risultati, con scarso successo, o almeno convinzione.

A questo punto della storia anche chi sa tutto non sa dirci però più niente. Nessuno, cioè, si è preoccupato di tramandarci il racconto circostanziato dell’incontro di coloro che diventeranno tra i due più grandi santi di ogni tempo: san Francesco d’Assisi e sant’Antonio di Padova! Ma se pure non ne abbiamo i particolari, siamo però certi che ci sia stato. Le prove? Ne troviamo abbondanti nella loro vita. È come se la realtà del loro incontro non stesse neanche tanto nel resoconto esatto di ciò che fecero e si dissero: l’abbraccio di benvenuto, le presentazioni di prassi, che si siano seduti l’uno accanto all’altro parlandosi magari anche nell’orecchio. No, niente di tutto questo. E neppure un selfie che ci mostrasse i loro volti allegri e, ci giurerei, spettinati.

Ma da lì in poi Antonio è diventato ancora più «frate» Antonio: amico dei poveri e della gente, ancora più convinto che se vogliamo la pace, la dobbiamo avere prima di tutto nel nostro cuore, ancora più combattente per la giustizia, rischiando la faccia e la vita. Ancora più certo, infine, che siamo davvero sempre nelle mani di Dio, il posto più sicuro dove stare! Francesco gli scriverà persino una lettera per ricordarglielo: «A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute. Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione tu non estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come sta scritto nella Regola. Sta’ bene»!

Per cui, sì, l’incontro c’è stato, eccome! Ci basta la vita di Antonio per esserne sicuri. Non l’abbiamo forse sperimentato nei giorni in cui ci era vietato incontrarci con familiari e amici? Eppure, la storia del meeting tra Francesco e Antonio ci insegna che ogni incontro è fatto comunque per terminare prima o poi, che ogni amicizia vive anche nell’assenza. Fisicamente, perché in realtà poi continua nella vita di ognuno di noi; spiritualmente, lungo le strade della memoria, delle emozioni, della gratitudine. Di ciò con cui mi ha arricchito. E non è detto che questo sia un incontro meno reale di quello fisico. Ce lo assicura persino Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20)!

 

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Data di aggiornamento: 02 Maggio 2021
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