La salute è un viaggio
Non riuscivano a star fermi, oggi li definiremmo iperattivi e quindi un po’ borderline; sono i predicatori di strada che dopo l’anno Mille invasero le strade d’Europa e oltre, in tutte le direzioni. Tra questi i frati minori, d’inverno tappati in qualche eremo a ricaricarsi pregando, e poi, appena il tempo lo consentiva, via!
Non erano i soli col prurito ai piedi: pensiamo a tutto il fenomeno delle crociate che muoveva spedizioni nella Terra Santa da liberare; si favoleggia di una «crociata dei fanciulli»: lo stesso san Francesco partecipò, pacificamente, alla quinta spedizione. E poi pellegrini, studenti, clerici vagantes. Tutti erano potenziali portatori o recettori di qualche malattia o contagio – lebbra compresa –, ma l’idealismo che li spronava vinceva su tutto.
Antonio diventa frate minore in mezzo a questi fermenti, in questi crocevia affollati e rischiosi. E si trova nel suo elemento; andare per il mondo gli piace, anzi − quando ancora può fare di testa sua − vuole per sé una missione pressoché impossibile.
Avrete forse letto Il Silenzio, storia di martirio cristiano nel Giappone del XVII secolo. Da far accapponare la pelle. Doveva essere così anche in quel Marocco che frate Antonio vuole far sedurre da Gesù. Ma tutti i partenti dovevano in ogni caso fare i conti con briganti, intemperie, pandemie, guerre piccole e grosse.
Fatto è che frate Antonio, aitante novizio, appena sbarca in suolo africano è messo ko da un male che rimette tutto in discussione, come può capitare a ciascuno di noi, e che gli fa cadere il mondo addosso. Forse era malaria, forse un concorso di cause come stress da viaggio, fatica, qualche epidemia locale.
A scanso di equivoci, non era il temuto «fuoco di sant’Antonio» (l’Herpes Zoster), bruciante malattia virale che evoca le fiamme infernali combattute dall’abate Antonio, antico anacoreta del deserto egiziano. Era altro, o forse un «Altro» che ripeteva a frate Antonio suggestioni già poste al sognante cavaliere Francesco figlio di Bernardone, quando anche lui non temeva avventure ad alto rischio: «Ma dove vai, cosa stai cercando, non è questa la tua strada... torna indietro».
Antonio, più avanti, dirà in un suo Sermone: «Quattro saranno le prerogative del corpo: lo splendore, la trasparenza, l’agilità e l’immortalità». La parentesi marocchina – missione «fallita» – gli insegnerà che queste prerogative sono quelle di un corpo/uomo che ha imparato a non contare troppo su se stesso e sulle rotte sognate, e che la salute non è questione di fitness o di sofisticate profilassi, ma di progressiva consapevolezza sul senso di ogni frammento di vita in rapporto al «destino» ultimo.
«In vari modi e per vari motivi, vengono le malattie: o per aumentare i meriti dei giusti con la pazienza, o per custodire la virtù e non essere tentati dalla superbia; o per espiare i peccati; o per manifestare la gloria di Dio». Una sorta di mantra davvero utile anche per noi, anche per «viaggiare» meglio.