Le mani dell’arpista
A dieci anni, Daniela corre verso la cornetta del telefono. Sua madre vuole parlare con lei. Le dice: «Ascolta…». Qualcuno, in una casa lontana, sta suonando un’arpa e lei, ragazza di San Mauro Forte, paese della Lucania, ascolta quella musica. Non riuscirà più a liberarsene: le è entrata sotto la pelle, nel cuore, nella testa, nelle dita, nei capelli. Daniela andò al conservatorio. L’arpa divenne la sua vita.
Non scriverò mai più «angelico» per il suono di un’arpa. È uno strumento di fatica. Ingombrante e fragile. Bellissimo. Convinco Daniela Ippolito a suonare fra i banchi del mercato di Piccianello, quartiere popolare di Matera. Lei sorride: «Così facevano i musicisti ambulanti». Venivano da Viggiano, terra di costruttori di arpe, e andavano di fiera in fiera, di paese in paese, a suonare. Il loro mestiere si diffuse tra gli artigiani-contadini della Val d’Agri e della Val Saurina.
Bisogna avere dita di acciaio per suonare l’arpa. Altro che leggiadria. Daniela si lima i calli, si regola le unghie e ama gli smalti sgargianti. Vuole sorprendermi: a ventisei anni si appassionò del sollevamento pesi. La sua maestra di scandalizzò, ma provate voi a fare cambiare idea a questa musicista. È arrivata a sollevare sessanta chili (e lei ne pesava cinquanta), quarta a campionati nazionali. «Lo sport ti aiuta ad avere consapevolezza del tuo corpo meglio delle discipline orientali. Acquisti così la memoria muscolare».
Il polso rimane morbido, il dito più importante è il pollice, il mignolo (non suona), per lungo tempo, non voleva rimanere assieme all’anulare e allora lei si costrinse a unirli legandoli uno all’altro con lo scotch. Le braccia sono una molla. «I miei movimenti erano e sono gli stessi di quando sollevavo pesi».
«L’arpa non è più uno strumento d’élite», dice Daniela. E suona E la luna bussò e pezzi metal. Manda in frantumi ogni stereotipo. L’arpa è rock. Le sue mani (piccole) sono trafitte di cicatrici. Tagli di coltelli sfuggiti di mano mentre cucina. È distratta, Daniela. Sono mani sorprendenti, le sue.
Sulla sua spalla ha un tatuaggio: la sua immagine bambina (gli anni in cui ascoltò la musica magica al telefono) vestita da Santa Rita. La “santa degli impossibili” e della tenacia.