L’energia del futuro

La guerra in Ucraina ha reso manifesta e inaccettabile l’eccessiva dipendenza energetica dell’Italia da Paesi instabili, mentre le bollette salgono selvaggiamente. Ci sono alternative a questa situazione?
18 Luglio 2022 | di

La questione energetica è entrata di prepotenza tra le preoccupazioni degli italiani. Complici l’inusuale innalzamento dei prezzi degli ultimi mesi del 2021 e, in seguito, l’instabilità provocata dalla guerra in Ucraina. L’eccessiva dipendenza dall’estero del nostro sistema energetico è diventata d’improvviso manifesta e inaccettabile, anche alla luce del fatto che acquistiamo le risorse in larga parte da Paesi ostili o con una situazione politica instabile. E intanto le bollette lievitano anche oltre il 70-80 per cento in un anno, mentre gli stipendi sono fermi al palo. Una situazione che affligge tutta l’Unione Europea, ma che è particolarmente grave in Italia. Ce n’è abbastanza per chiedersi se abbia senso andare avanti così e se ci siano alternative davvero percorribili per superare l’impasse e arrivare a una più forte autonomia energetica. Secondo l’ultimo report di «Italy for climate», nel 2021 il mix energetico dell’Italia è costituito per il 39 per cento da gas, per il 35 dal petrolio, per il 19 da energie rinnovabili, per il 5 per cento da carbone e per il 2 da importazioni di elettricità. La nostra dipendenza dall’estero raggiunge il 77 per cento, una tra le più alte d’Europa. Le fonti energetiche nazionali, quelle cioè che ci auto-produciamo, sono principalmente le rinnovabili, ovvero solare, eolico, geotermico, biomassa, per citare le principali.

Il destino energetico del nostro Paese si complica già a partire dal 2021. La prima analisi trimestrale del 2022 sul sistema energetico nazionale, realizzata dall’Enea, registra per il 2021 un forte rimbalzo della domanda di energia, trainata dalla ripresa: oltre l’8 per cento in più rispetto al 2020. L’aumento è imputabile soprattutto al petrolio (+40 per cento) e per un terzo al gas naturale. Quest’ultimo, in particolare, ha raggiunto il livello massimo degli ultimi 10 anni. Il secondo dato degno di nota è che abbiamo inquinato di più. Nel 2021 c’è stato, infatti, un balzo delle emissioni di anidride carbonica, altro primato negativo rispetto alla media dell’eurozona. È il risultato combinato di un maggior consumo di energia da fonti fossili e di un marginale incremento delle rinnovabili. Due fattori che hanno invertito il processo di de-carbonizzazione della nostra energia. Il terzo dato affatto trascurabile tocca direttamente il nostro portafoglio e anche in questo caso è un aspetto negativo: il nostro Paese ha un prezzo dei servizi quasi doppio rispetto alle altre nazioni dell’Unione Europea. E nei primi due mesi del 2022 gli aumenti stimati rispetto a un anno prima sono stati di oltre il 70 per cento in più, anche in questo caso nettamente superiori rispetto alla media UE.

In questo stato, cioè più dipendenti, più inquinanti e più salassati, siamo arrivati all’inizio della guerra in Ucraina, esposti più che mai ai contraccolpi economici del conflitto. Una situazione insostenibile, che abbiamo analizzato con Nicola Armaroli, chimico, ricercatore del Cnr e autore del libro Emergenza Energia, non abbiamo più tempo (ed. Dedalo 2020). L’obiettivo è quello di individuare possibili vie d’uscita per realizzare nel concreto la tanto sbandierata transizione energetica. «In un sistema energetico mondiale che ancora si regge sui combustibili fossili, l’Italia, che non li ha, dipende drammaticamente dall’estero» esordisce l’esperto. Nonostante ciò, appare discutibile la scelta di dipendere così tanto da altri Paesi, come la Russia, che per giunta presentano tratti imprevedibili. «In verità, l’interdipendenza economica non è di per sé negativa. I gasdotti russi hanno raggiunto l’Europa tra gli anni ’60 e ’70, quando infuriava la guerra fredda ed eravamo “stranemici”. Già allora c’era il paradosso che da un lato i russi ci mandavano il gas e dall’altro puntavano i missili SS20 sui siti di stoccaggio del combustibile». Questo paradosso, tuttavia, è servito da deterrente proprio grazie all’interdipendenza. La situazione però è cambiata radicalmente dal 2014, da quando, cioè, la Russia ha invaso la Crimea senza colpo ferire e con risibili sanzioni da parte occidentale. «Una situazione che avrebbe dovuto renderci più prudenti. E, invece, in questi 8 anni la dipendenza dal gas russo è passata dal 25 al 40 per cento. E questo, sì, è riprovevole».

Una miopia che non si ferma alla Russia. Gli altri Paesi a cui siamo legati mani e piedi sono Algeria, Azerbaijan e Libia, non certo nazioni che garantiscono grande stabilità politica. «Ogni volta, di fronte a un nuovo shock energetico, cadiamo dalle nuvole – ironizza Armaroli –. In realtà, queste crisi sono ricorrenti da almeno 50 anni. La prima che ricordo è quella del ’73, ero un bambino. Da allora, ogni 5-10 anni ne è arrivata una legata a varie situazioni d’instabilità: negli anni ’80 la rivoluzione komeinista in Iran, agli inizi degli anni ’90 la guerra nel Golfo e agli inizi del 2000 la guerra in Iraq, seguita agli attacchi alle Torri Gemelle. E oggi l’Ucraina». Secondo Armaroli, per risolvere il problema non basta cambiare Stati fornitori, come si è fatto finora, ma bisogna andare alla radice: «Un medico che cura un paziente con dipendenza non gli cambia spacciatore, cerca di togliergli la dipendenza».

Un cambio di mentalità

Una cura, tra l’altro, che non si può più rimandare, anche per ragioni diverse dalla geopolitica: la prima è che le fonti fossili sono destinate a esaurirsi; la seconda, più grave e impellente, è che l’utilizzo di tali fonti ci ha catapultati nella più grande emergenza che l’umanità deve affrontare. La crisi climatica è in atto e già ne vediamo gli effetti, come le grandi siccità o i catastrofici eventi meteorologici. «Non si è ancora capito che non è a rischio il Pianeta, ma la sopravvivenza della civiltà moderna. Il Pianeta ha dimostrato di poter sopravvivere anche con 6 gradi in più, trovando altri equilibri». La scelta è ormai obbligata: «Dobbiamo fare in fretta e utilizzare le tecnologie già a disposizione, ovvero le fonti di energia rinnovabili, che ci piacciano o meno, perché per le soluzioni miracolose non c’è più tempo. Senza questa consapevolezza non si può fare nessun discorso sull’energia».

Tuttavia, per cercare di avere la meglio sull’onda minacciosa, non basta un cambiamento delle fonti energetiche, ci vuole un capovolgimento della mentalità: «Finora il sistema energetico si basava su grandi centri di produzione e di smistamento – centrali elettriche o enormi raffinerie – che portavano energia fino al consumatore finale. Sapevamo che, quando costruivamo una casa o un’impresa, bastava installare tubi e cavi e l’energia arrivava. Ora non è più così, non ce lo possiamo più permettere. Il sistema su cui puntare adesso è agli antipodi: una miriade di piccoli produttori che si autoproducono l’energia in loco».

Non una ma tante

Ma quali sono le principali frecce energetiche dell’Italia?

EOLICO. Prodotto dal vento, pulito, rinnovabile e inesauribile, è poco utilizzato nel nostro Paese, anche a causa di vincoli paesaggistici. Il punto debole è che si tratta di un’energia intermittente, visto che dipende dal vento. «Si considera poco che l’Italia è una penisola e ha una risorsa inutilizzata off-shore, cioè in mare – precisa Armaroli –, dove i venti sono più costanti. Per esempio, un impianto off-shore nell’Adriatico, lontano dalle coste, sarebbe facile da installare, grazie ai bassi fondali, e darebbe un contributo significativo alle esigenze energetiche delle industrie della Pianura padana. Per ora, in Italia abbiamo un solo impianto di questo tipo, inaugurato tre mesi fa, a Taranto».

FOTOVOLTAICO. È una risorsa enorme, ma da sola non basterebbe: «Per soddisfare il fabbisogno elettrico italiano, il fotovoltaico richiederebbe una superficie di pannelli pari a 2.500 chilometri quadrati: una superficie sicuramente non proibitiva per l’Italia, ma che richiederebbe un’enorme capacità di accumulo, perché il sole è intermittente. Una critica diffusa riguarda, però, la resa energetica, da molti considerata troppo bassa. Secondo Armaroli è un pregiudizio: «Una tecnologia relativamente poco costosa, che ha una resa del 20 per cento, dura 30 anni, non ha bisogno di grandi manutenzioni, non inquina e ha a disposizione una fonte energetica gratuita, inesauribile e quantificabile, ha in realtà una resa altissima. Con il fotovoltaico già oggi produciamo il 10 per cento della nostra elettricità». Poi abbiamo bisogno anche di impianti fotovoltaici più grandi, «ma ci sono molte aree industriali dismesse, discariche chiuse che potrebbero fare al caso nostro, per incrementare la produzione».

BIOMASSE. Si tratta di materiali di origine organica – scarti di attività agricole, forestali e dell’industria alimentare, liquidi reflui degli allevamenti, alghe marine – che possono essere modificati con vari procedimenti per produrre combustibili o direttamente energia elettrica o termica. «L’Italia è un Paese pieno di biomasse – assicura Armaroli –. Alcune, come i boschi, sono spesso abbandonate, mentre andrebbero valorizzate, gestendole in modo sostenibile. Alcuni boschi abbandonati dell’Appennino Tosco-Emiliano, per esempio, potrebbero fornire una buona mole di energia rinnovabile per i distretti industriali della ceramica e dell’automotive tra Bologna e Modena».

GEOTERMICO. È una forma di energia rinnovabile che sfrutta il calore presente nella Terra. L’Italia è un Paese sismico, il che significa che c’è una grande attività nel sottosuolo che si potrebbe sfruttare. Tuttavia, il geotermico più a disposizione è quello a bassa temperatura, di fatto presente ovunque. «A casa mia ho installato una pompa di calore geotermica: due tubi che scendono nel sottosuolo per 125 metri, dove c’è una temperatura costante di 17 gradi centigradi in qualsiasi stagione. I condotti trasportano i 17 gradi in superficie: d’inverno scaldano (con l’aiuto di una pompa di calore), d’estate raffrescano».

SOLARE TERMICO. Pannelli solari che producono acqua calda. «Nel Paese del sole consumiamo 20 miliardi di metri cubi di gas per usi domestici. In Austria usano i pannelli otto volte più di noi». 

Non c’è tempo per i miracoli

Molti, sia tra i politici che tra la gente comune, hanno un atteggiamento attendista, ritenendo le energie rinnovabili non sufficienti a coprire, per esempio, le esigenze energetiche delle industrie pesanti e dei trasporti. «In Italia il 90 per cento delle utenze sono medio-piccole – ribatte Armaroli –. I grandi consumatori energetici sono pochi e possono essere governati con la gestione intelligente della domanda, l’efficienza e gli accumuli. Il problema non è insormontabile». Molti, però, continuano a pensare che l’unica via d’uscita sia l’accesso a nuove energie, potenti e pulite al contempo, come l’idrogeno o l’energia da fusione nucleare. «Non c’è tempo per i miracoli – ripete Armaroli –. E la fusione nucleare non arriverà prima del 2050. Saremmo in ritardo anche per la fissione, visto che per costruire una centrale ci vogliono almeno 20 anni».

Anche sull’idrogeno siamo in ritardo: «Per produrre l’idrogeno serve moltissima energia, che avremmo potuto avere a disposizione se avessimo sviluppato a suo tempo le rinnovabili. Oltretutto mancano le infrastrutture, molto costose, perché trasportare l’idrogeno, altamente infiammabile, è complesso. In prospettiva, però, è interessante, soprattutto per l’industria pesante e per quelle produzioni che necessitano di alte temperature (vetro, cemento o acciaio). Ma arriverà tra 10 anni: siamo colpevolmente in ritardo». Se il tempo è poco, cosa può fare ciascuno di noi? «È l’ora delle scelte. Ognuno ha possibilità economiche diverse, è vero, ma negli ultimi 20 anni ci sono stati vari incentivi statali per efficientare le case, cambiando infissi, realizzando cappotti, installando caldaie a condensazione o pannelli fotovoltaici. Possibilità non sfruttate a sufficienza». Il futuro energetico passa dalle scelte di ognuno di noi: è un puzzle composto da risparmi, efficientamenti e utilizzo delle rinnovabili. Ma per divenire reale deve entrare prima nelle nostre teste.

 


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Data di aggiornamento: 18 Luglio 2022

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