Madre Teresa mistica della carità

La sua canonizzazione è occasione per riscoprirne la figura e la spiritualità. A portarne avanti l’opera non sono solo le suore col sari bordato d’azzurro, ma anche i missionari della carità contemplativi, che abbiamo incontrato.
03 Settembre 2016 | di

La data tanto attesa è arrivata: domenica 4 settembre la beata Madre Teresa di Calcutta è proclamata santa. Non in India, come pure avevano richiesto i vescovi locali, ma in piazza San Pietro a Roma, per un evento che rimarrà nella memoria tra i più importanti e significativi del Giubileo della misericordia. Il calendario non è casuale. Infatti il 4 è la domenica più vicina all’anniversario della morte, il 5 settembre 1997, quando la piccola religiosa di origine albanese si spense nella sua Calcutta, dopo un’intensa vita donata, per i poveri.

Madre Teresa è una grande icona mondiale del Novecento, famosa dentro e fuori la Chiesa, seguita come una star da copertina, premio Nobel per la pace 1979 (record: è il primo Nobel canonizzato!). Pure internet ama i suoi detti e le sue preghiere, puntuali come aforismi e facili anche da storpiare, tant’è che le missionarie della carità hanno dovuto pubblicare un elenco ufficiale di pensieri falsamente attribuiti alla fondatrice. Insomma: il rischio di farla passare come una figurina, un personaggio, al limite anche come una santa da relegare su un piedistallo, è palpabile.

La sua stessa fama rischia di allontanarne la comprensione, di far rimanere sulla superficie, rendendo incapaci di penetrare il mistero che ancora è Madre Teresa.

Per capirne di più, merita la visita un angolo di Roma poco conosciuto, ma molto noto tra i poveri, lungo la via Prenestina, a pochi chilometri dalla stazione Termini, prima periferia ormai inglobata nella metropoli, una selva di palazzoni rovinati ma dignitosi. Non così negli anni Settanta, quando qui «era una piccola Calcutta, una distesa di baracche a un piano» racconta padre Sebastian Vazhakala, minuto indiano dal sorriso disponibile, che porta con semplicità i suoi 74 anni indossando una veste color lavanda chiaro, appena adornata da una croce appuntata all’altezza del cuore.

È l’abito dei missionari della carità contemplativi, ramo maschile (uno dei tre) delle più note missionarie della carità. Padre Sebastian non è solo il superiore generale della congregazione, ma ne è proprio il cofondatore, insieme alla «Madre». Non serve nemmeno specificarlo che ci si riferisce a Teresa, e infatti il religioso non lo fa: sempre dalle sue labbra «Madre» è lei, che lo accolse a Calcutta a fine anni Sessanta, quando, giovane seminarista, gesuita scelse di consacrarsi aggiungendo ai tradizionali tre voti (castità, povertà e obbedienza) un quarto, il servizio gratuito e di tutto cuore ai più poveri tra i poveri.

A Roma, nel convento di via sant’Agapito, il «quarto voto» è tangibile: infatti, la struttura più grande e curata del complesso, rigorosamente a un piano, è «Casa Serena», alloggio notturno che offre a oltre settanta indigenti un rifugio sicuro dove dormire, lavarsi e cibarsi di un piatto caldo, 365 giorni all’anno.

Padre Sebastian racconta il suo primo incontro con la religiosa di Calcutta. «Era il 1966, avevo 24 anni. Venne a tenerci una lezione sulle opere di misericordia. In lei vidi il Vangelo vivente. La raggiunsi e le parlai del mio desiderio di aiutare i poveri, come lei, come un’assistente sociale. “Ma noi non facciamo assistenza sociale, la nostra opera è voluta da Dio” mi disse, e si arrabbiò, perché non riuscivo a comprendere la differenza tra filantropia e amore di Gesù. Solo col tempo ho capito. È successo come con quel direttore di una compagnia aerea che, vedendo la Madre pulire le piaghe di un moribondo disse: “Io non lo farei nemmeno per diecimila dollari”. Si sentì rispondere: “Nemmeno io. Perché lei lavora per qualcosa, ma noi operiamo per Qualcuno. Ogni moribondo è Gesù per noi”».

 

L’articolo completo è pubblicato nel numero di settembre del «Messaggero di sant’Antonio» e nella versione digitalizzata della rivista.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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